“O tu che onori scienzia ed arte” (Inf. IV, 73). Dante si rivolge così a Virgilio per esprimere il massimo riconoscimento di stima e ammirazione. E Dante non sceglie mai le parole a caso. Scienza ed arte. Virgilio è scienziato e artista. Artista della parola naturalmente, altissimo poeta (Inf. IV, 80) e, come tale, appartenente al club esclusivo dei Fabulous Five, insieme con Omero, Orazio, Ovidio e Lucano. Tutti poeti, eppure Dante antepone il merito scientifico a quello artistico o, se anche si trattasse solo di una figura retorica di inversione, sarebbe comunque un’equiparazione tra le competenze artistiche di Virgilio e quelle scientifiche. La scienza per Dante è prolungamento ed emanazione di fede e metafisica, per cui ha carattere sacrale.

Come il Verbo si è incarnato per la redenzione di ognuno, così la scienza deve informare la vita di chiunque. Ce lo spiega egli stesso nel primo dei quattro trattati del Convivio, cioè il banchetto, nel quale Dante spezza il pane della scienza per i profani, per coloro ai quali impedimenti fisici o sociali non abbiano permesso di dedicarsi a studi regolari. Purché provvisto di “spirito gentile”, ognuno può cibarsi alla mensa imbandita nel Convivio. Dante è tra i primi a teorizzare la necessità della divulgazione scientifica per lo sviluppo della società e per l’affrancamento dall’ignoranza e dalla superstizione. E infatti il corso della Commedia è disseminato di osservazioni di carattere matematico, fisico, astronomico, geologico, zoologico, botanico. Così tante che in un articolo -anche se celebrativo- occorre fare una cernita e decidere di quali parlare. Scelgo una questione tornata di attualità negli ultimi decenni e specialmente in regime di segregazione pandemica, il Terrapiattismo. Seguendo Dante scopriremo che spesso il vero Medioevo è oggi.

Una tradizione tanto diffusa quanto infondata vuole che nel Medioevo si ritenesse la Terra piatta e che questa convinzione sia stata smentita solo nel 1492 col viaggio di Cristoforo Colombo, anno che segna convenzionalmente l’inizio dell’era moderna. Colombo avrebbe supposto che la Terra sia sferica e che quindi l’estremo oriente, le Indie, sarebbe stato raggiungibile percorrendo il meridiano in senso opposto, navigando verso ovest, facendo cioè il giro dall’ “altra parte” (salvo poi imbattersi in altre Indie, le future Americhe). Dante, attraverso i commentatori di Aristotele e i filosofi scolastici, conosceva l’ingegnosa dimostrazione della sfericità della Terra tramite l’osservazione delle eclissi di Luna. Questo tipo di eclissi si verifica quando la Terra si interpone tra Sole e Luna, proiettando il suo cono d’ombra sulla superficie lunare. L’ombra della Terra è circolare.

Tale profilo circolare può essere teoricamente generato da due forme solide, la sfera e il cilindro (ad esempio un cilindro basso, la “frittella” cara ai Terrapiattisti). Quindi un’unica osservazione non è dirimente, perché non permette di discriminare se l’ombra è proiettata da una sfera, o da un cilindro con il proprio asse parallelo ai raggi del sole. In pratica, dicono i Terrapiattisti, l’ombra circolare della Terra sulla Luna sarebbe come la zona asciutta sotto un ombrello aperto quando piove… E fino qui, niente da eccepire. Terra Sferica-Terra Piatta 1 a 1. Ma si dà il caso che l’eclissi si verifichi in condizioni sempre diverse, perché la Terra gira intorno al proprio asse. Quindi, se la Terra fosse piatta, disegnerebbe sulla Luna un’ombra circolare in un unico caso, cioè quello appena descritto. Ma se il suo asse, invece che trovarsi in condizione parallela ai raggi, fosse perpendicolare (cioè la frittella fosse “di taglio”), l’ombra sarebbe una striscia e, con tutte le altre inclinazioni, sarebbe un’ellisse. Infatti, se invece di tenere il manico dell’ombrello diritto, lo incliniamo, la zona riparata dalla pioggia non sarà più un cerchio, ma una forma vagamente ovale. Addirittura, tenendo il manico orizzontale, la zona asciutta diventerà una striscia (curvilinea, perché l’ombrello non ha esattamente la forma di una frittella). Dimostrazione utile ai fini della comprensione della forma della Terra, meno per la prevenzione dei reumatismi.

In conclusione, siccome l’ombra della Terra sulla Luna è SEMPRE circolare, l’unica forma della Terra compatibile con TUTTE le osservazioni è quella sferica. Questione chiusa, terrapiattismo confutato. E Dante, fine osservatore delle cose del mondo, non solo accoglie la dimostrazione della Terra sferica, ma nell’Inferno ne descrive le conseguenze. Ulisse, dopo la celeberrima orazione per spronare i compagni ad abbandonare la comfort zone e spingersi oltre Gibilterra nell’Oceano Atlantico, il famoso fatti non foste a viver come bruti (Inf. XXVI, 119) ecc., naviga verso sud, costeggiando l’Africa occidentale. Dice Dante: Tutte le stelle già de l’altro polo/vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,/che non surgëa fuor del marin suolo. (Inf. XXVI, 127-129). Ulisse cioè, procedendo a sud, comincia ad osservare stelle non visibili nel nostro emisfero e, viceversa, le stelle del nostro emisfero gli appaiono sempre più basse sull’orizzonte, fino al punto da non vederle più sorgere dalla superficie del mare. Esattamente come accade quando ci si muove sulla superficie di una sfera, guardando un punto in alto: man mano che ci si sposta, il punto cambia di posizione, fino a scomparire del tutto. Su una superficie piatta questo non avviene. Quando ci si sposta, un punto in alto, resta pressappoco nella stessa posizione… Se siete già un po’ meravigliati, aspettate il resto.

Dante, come noto, immagina l’Inferno come una immensa cavità a forma di imbuto con, in corrispondenza del becco, Lucifero, incastonato in una massa di ghiaccio che egli stesso produce, congelando con la ventilazione delle sue ali l’acqua che cola lì in fondo. Lucifero è al centro della Terra e Dante lo raggiunge oltre cinquecento anni prima di Jules Verne! Ci avevate mai pensato che grandissimo autore di fantascienza sia stato? Dante e Virgilio arrivano quindi al centro della Terra. Ma là l’imbuto finisce! Come proseguire il viaggio e raggiungere gli antipodi per uscire a riveder le stelle? Virgilio, quando il gioco si fa duro, ha trovate straordinarie per togliere di impaccio il suo malcapitato compagno, alle prime armi nelle escursioni sotterranee. Per ben due volte sgrida personaggi infernali come Caronte e Flegias perché fanno storie a far passare Dante. Quando teme che le Furie possano chiamare Medusa e pietrificare Dante (Vegna Medusa: sì ‘l farem di smalto, Inf. IX, 52), lui stesso gli chiude gli occhi con le sue mani. Un’altra volta lo fa mettere seduto quatto quatto (Inf. XXI, 89) dietro un masso perché i diavoli della V bolgia non lo vedano, oppure quando prende in braccio Dante come suo figlio, non come compagno (Inf XXIII, 51) e si butta a capofitto in un dirupo per sfuggire all’inseguimento di Barbariccia e soci.

Al cospetto di Lucifero, Virgilio, per sorpassare il centro della Terra, ordina a Dante di attaccarglisi dietro la schiena, aggrappato al collo e poi inizia a scendere attaccandosi ai peli del diavolo e passando per una fessura del ghiaccio che ne circonda il corpaccione. Quindi… colpo di scena! Virgilio, continua a scendere ma, arrivato circa alla cintola di Lucifero, si rigira di 180 gradi come un sub che dopo aver preso l’ultima boccata d’aria si immerge a capofitto verso il fondo. A questo punto, comincia a risalire lungo le gambe, verso i piedi del diavolo. Dante finge di non capirci più niente. Ma come? Stiamo andando verso i piedi? Allora stiamo scendendo, non stiamo salendo! E Virgilio: ti devo spiegare sempre tutto. Ma scusa, se superi il centro della Terra e prosegui, quello che prima era sotto, sta sopra e viceversa. Quindi tutto regolare. Stiamo salendo verso i piedi! E sali sali sali, raggiungono la parte opposta della Terra, agli antipodi rispetto alla selva oscura. Eppure anche lì è tutto regolare.

Dante non sente che gli va il sangue alla testa. Si può stare dall’altra parte del mondo e non accorgersi di essere rovesciati, non come i terrapiattisti che temono di cascare di sotto se superano lo spigolo! E, dall’altra parte del mondo, nel punto diametralmente opposto a Gerusalemme, si erge la collina del Purgatorio. Oggi sappiamo che lì non si trova la collina del purgatorio, ma pressappoco la Nuova Zelanda. Eppure, come prevedeva Dante, i Neozelandesi non si sentono a testa in giù. Quindi, ricapitolando, tutto rigoroso nella geografia terrestre dell’Inferno? Non esageriamo, è pur sempre un poema allegorico, non un manuale di scienza. Ve ne dico solo una. Dante parte tradizionalmente il venerdì santo dell’anno 1300 e in un giorno compie la traversata dell’inferno. Se pure fosse andato diritto, senza deviazioni e giri vari, avrebbe dovuto coprire i circa 13mila chilometri del percorso in 24 ore, all’invidiabile media cioè di oltre 500 all’ora! Dante non sapeva che la strada era così lunga? Lo sapeva, lo sapeva. Già Eratostene di Cirene aveva misurato il raggio terrestre con notevole approssimazione. E allora? E allora un po’ di fantasia! Godiamoci la lettura della più grande opera di ingegno ed immaginazione forse di tutti i tempi e non stiamo a cavillare troppo. Dante non si discute, si ama.