Il 2025 sarà un anno cruciale per l’economia dell’Unione europea e dell’Italia. Sul tavolo, infatti, ci sono almeno tre crisi che rischiano di vanificare il lento processo di ripresa. A partire dai tassi di interesse alti, figli dell’inflazione e dell’aumento stratosferico delle materie prime a causa del Covid. Sia la Ue che il Belpaese devono confrontarsi con tre streghe” che, in un modo o nell’altro, coinvolgono l’economia. Non dimentichiamo che il sistema italiano è pienamente integrato in quello europeo e che una crisi generale di Germania e Francia può produrre strascichi enormi anche per Roma. Ecco perché sul tavolo è assolutamente necessario mettere una serie di interventi, con lo scopo di scongiurare – o almeno mitigare – gli effetti che le questioni aperte possono avere su aziende, famiglie e banche.

I dazi di Trump

Il 20 gennaio 2025 è la prima data da segnare sul calendario del nuovo anno. Donald Trump si insedierà ufficialmente alla Casa Bianca e tra le azioni che potrebbe immediatamente mettere sul tavolo ci sono quei dazi che tanto sta minacciando in questi giorni. In modo particolare, The Donald vuole che la bilancia commerciale tra Washington e Bruxelles torni in equilibrio. Al momento pende a favore del Vecchio continente, e il nuovo presidente non esiterà a caricare di tasse le merci importate dall’Unione. La cosa potrebbe far molto male all’Italia che, insieme alla Germania, detiene il primato di export verso gli Stati Uniti. Certo, Trump ci ha abituato a un modus operandi molto muscolare: minacciare sfracelli per poi addivenire a miti consigli nel momento delle trattative e ottenere ciò che cerca. Ecco perché l’Unione ha ancora tempo per arrivare a un compromesso.

Il problema, però, non riguarda solo gli Usa. Anche nei confronti della Cina potrebbe andare in scena un pericoloso scontro basato proprio sugli scambi commerciali. Il 24 dicembre Pechino ha annunciato un robusto piano di aiuti pubblici per far ripartire la sua economia e sostenere i consumi interni. Il problema è che, in questo modo, finanzierà anche i colossi globali cinesi che esportano in tutto il mondo. Attuando, così, strategie di mercato concorrenziali non competitive. Dunque la Ue potrebbe decidere di applicare ulteriori dazi sull’import dal Celeste impero. La cosa provocherebbe una risposta cinese di egual misura, ma che potrebbe causare maggiori danni proprio all’Europa. Non dimentichiamo che la Cina è il principale produttore ed esportatore di tantissime materie prime necessarie all’industria europea e che essa è anche il principale mercato di destinazione di numerosi brand europei, soprattutto quelli del lusso. Ecco perché una guerra commerciale tra le tre potenze è l’ultima cosa di cui si ha bisogno nel 2025, visto che l’Italia è tra i maggiori paesi esportatori al mondo.

Automotive e multe

Nel 2025 potrebbero essere irrogate multe per 17 miliardi alle case automobilistiche europee che non avranno ridotto le loro emissioni di anidride carbonica. Sarebbe un colpo ferale per un’industria che già sta vivendo la peggiore crisi dallo shock petrolifero degli anni Settanta. Molti Stati – tra cui Italia, Francia e Germania che si è aggiunta da poco – stanno aprendo due fronti con la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen. Il primo è il rinvio “sine die” delle multe. Secondo i proponenti, la logica impone di verificare sul campo le decisioni ideologiche. E il campo dice che l’industria automotive europea è a un passo dal crack. Il secondo fronte è l’apertura alla creazione di incentivi per il passaggio tecnologico. Gli stessi dovrebbero essere indirizzati alle case automobilistiche che fanno innovazione e agli Stati per la dotazione infrastrutturale che il passaggio all’elettrico impone.

Per quanto riguarda l’Italia, è triste dirlo ma siamo ancora appesi alle scelte di Stellantis. Dopo l’addio di Carlos Tavares, Elkann ha deciso di utilizzare una strategia di appeasement con l’esecutivo Meloni promettendo che nessuno stabilimento verrà chiuso in Italia. Tale impegno, senza alcuna azione concreta, sembra piuttosto velleitario. Basti pensare al caso della gigafactory di Termoli: lo stabilimento molisano sarà riconvertito come produttore di batterie solo nel caso in cui il mercato dell’elettrico riparta, mentre Stellantis decide di avviare una produzione uguale in Spagna. Il rischio è che il prossimo anno diventi per l’automotive italiano quello della cassa integrazione.

Tassi e la lina Powell

Fino a qualche settimana fa, i principali operatori economici europei erano ottimisti: nel Vecchio continente i tassi di interesse sarebbero calati al 2,5% nei primi 6 mesi del 2025. A metà dicembre, però, ci ha pensato la Federal Reserve a gelare le aspettative. L’economia Usa continua a crescere senza risentire della stretta dei tassi e l’inflazione si sta riaccendendo. Ecco perché il numero uno Jerome Powell ha annunciato solo due tagli nel corso del 2025, mandando nello sconforto le Borse che già pensavano a un anno con tassi più abbordabili.

Bisogna capire ora come si muoverà la Bce: continuerà con la politica dei tagli o magari deciderà una pausa tra gennaio e marzo, come molti esperti sostengono? Dalla crisi dei prezzi del 2022, Francoforte si sta muovendo in maniera poco decisa, non alimentando nessuna aspettativa di aziende e famiglie. E ciò provoca incertezza e danni. Quando un operatore non sa cosa accadrà, si ferma e non investe, causando ristagno economico. Auguriamoci che Christine Lagarde finalmente prenda una decisione chiara e che la sappia comunicare al mercato.

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