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Dazi Cina, solidarietà dei politici di tutto il mondo per il vino australiano
I produttori di vino australiani si stanno affrettando a trovare nuovi acquirenti in tutto il mondo dopo che la Cina – il loro più importante mercato di esportazione – ha imposto pesanti dazi al settore. E i rappresentanti politici di diverse nazioni in tutto il mondo rispondono all’appello.
La decisione di Pechino del novembre scorso di imporre tariffe fino al 212% sulle importazioni di vino australiano ha praticamente interrotto gli affari con la Cina continentale. “Siamo rimasti scioccati”, dice a Cnn Business Tony Battaglene, CEO di Australian Grape and Wine, circa 800 produttori di vino in Australia che hanno costruito la loro attività con le esportazioni in Cina e che ora non hanno un piano di riserva. “Queste tariffe provvisorie – spiega Battaglene – chiudono il mercato cinese al vino australiano di categoria premium. Non c’è modo di competere a quei livelli”.
Il ministero del Commercio cinese ha giustificato la decisione con ragioni di dumping per le quali però, secondo i funzionari australiani, non avrebbero fornito prove. La verità è che la ritorsione della Cina sul vino ha un’altra origine: il fatto che l’Australia ha chiesto un’indagine internazionale sulle origini della pandemia di coronavirus. La conseguenza è che Pechino oggi prende di mira il commercio con Canberra, con la sospensione di alcune importazioni di carne bovina e l’imposizione di pesanti dazi sull’orzo.
I dazi sul vino – con un aumento delle tariffe del 169,3% – di fatto hanno chiuso il mercato e gli ordini sono annullati. Tanto che il principale produttore di vino australiano, Treasury Wine Estates (Twe) ha avviato un piano di emergenza con l’obiettivo di reindirizzare le spedizioni dalla Cina ad altri mercati, come gli Stati Uniti, l’Europa e altri paesi asiatici. Tim Ford, amministratore delegato di Twe, ha promesso di “sviluppare l’attività al di fuori della Cina nel prossimo periodo di tempo”, ma il piano non è stato sufficiente per rassicurare gli investitori, con un conseguente crollo delle azioni sulla borsa di Sydney. Secondo Wine Australia, un’organizzazione commerciale sostenuta governo del paese, la Cina continentale, rappresentando da sola il 39% delle esportazioni totali di vino australiane in valore, è stata finora di gran lunga il più grande importatore di vino australiano.
E mentre la guerra commerciale tra le due nazioni si fa più dura – le tariffe sulle importazioni di vino australiano della Cina sono salite a dicembre al 212% – un certo numero di personaggi pubblici associati all’Alleanza interparlamentare sulla Cina (Ipac), che si definisce “un gruppo internazionale di legislatori interpartitici che lavorano per riformare l’approccio dei paesi democratici alla Cina“, hanno invitato i consumatori a prendere posizione nei confronti di Pechino. “Chiediamo a tutti voi di unirvi a noi nella lotta contro il bullismo autoritario di Xi Jinping”, ha detto Miriam Lexmann, eurodeputata slovacca in rappresentanza del Partito popolare europeo, in un video pubblicato su Twitter martedì. “Beviamo una o due bottiglie di vino australiano e facciamo sapere al Partito comunista cinese che non saremo vittime di bullismo”, ha aggiunto Elisabet Lann, consigliere comunale della Democrazia cristiana svedese. Tra i politici che hanno partecipato al video si possono citare anche la senatrice australiana Kimberley Kitching, il senatore degli Stati Uniti Ted Yoho e Shiori Yamao, membro della Camera dei rappresentanti del Giappone.
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