USA
Dazi, Giorgia Meloni aspetta JD Vance a Roma: è tempo di dimostrare se la relazione con l’America è davvero speciale

La domanda che assilla Giorgia Meloni in questo momento è la stessa che si pongono i leader dei 60 Paesi colpiti dai dazi di Trump: fino a che punto si spingerà? Quale strategia ha in mente il presidente degli Stati Uniti? The Donald è imprevedibile, questo è risaputo, ma è un uomo d’affari e quindi conosce bene i rischi e le conseguenze a cui condurrebbe una guerra commerciale. Ed è forse questo l’aspetto su cui la premier spera di far leva per arrivare a un negoziato, che poi è quello che vuole Washington.
La visione diversa
Gli analisti, del resto, hanno più volte sottolineato come la strategia dei dazi divida la visione di Trump da quella dei suoi consiglieri, se non nel metodo, perlomeno nel fine. Non è un mistero: c’è chi vede una tattica di lungo periodo, finalizzata a rianimare la manifattura e l’industria americana, accettando il compromesso di eventuali ricadute del sistema economico. Trump, al contrario, interpreta i dazi come uno strumento di pressione da una parte per giungere ai tavoli bilaterali per ridefinire i rapporti, dall’altro per spingere le imprese a stabilirsi negli Usa per evitare nuove tariffe. Senza dimenticare che la tabella mostrata non deve essere letta solo in chiave economica, ma anche in chiave geopolitica.
Interessi
Certo, Washington nella fase attuale ha tutto l’interesse a rinforzare il messaggio che non ci saranno negoziazioni, ma nel concetto di “reciprocità” si nasconde ben più di un tecnicismo. Ed è questa la possibilità intravista da Meloni, che dovrà mantenere la barra dritta tra l’interesse italiano (che è prioritario per il governo) e le strategie che si annunciano ferrigne dell’Unione europea. Perché se esiste un momento adatto per mettere a frutto la “speciale relazione”, è proprio questo. Ma ciò potrebbe non conciliarsi con la strategia europea, uno scenario del quale bisogna tener conto.
La presidente del Consiglio è stata chiara: “L’introduzione da parte degli Usa di dazi verso l’Unione europea è una misura che considero sbagliata e che non conviene a nessuna delle parti”. E nella mattinata di ieri, dopo aver rinviato tutti gli appuntamenti, ha riunito a Palazzo Chigi una cabina di regia per tracciare una strategia da seguire con i ministri competenti e i due vicepremier, rispettivamente leader dei due partiti alleati, che hanno posizioni estremamente diverse sulla risposta ai dazi.
Vance a Roma
Per capire la strategia italiana, però, bisognerà aspettare il 19 aprile e l’arrivo a Roma del vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, per incontrare Meloni. Prima bisognerà sondare le intenzioni e gli eventuali margini di manovra, poi tentare un primo approccio dialogante. Perché questo è anche il momento in cui occorre mostrare sangue freddo e massima lucidità, lasciando da parte i facili eccitamenti allarmistici e i catastrofismi che campeggiano nelle dichiarazioni più varie. Come sempre accade, i toni nefasti rischiano di perdere per strada un concetto base: porsi limiti è l’unico vero limite a ciò che la politica può fare.
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