L'intervista
Dazi, Guido Guidesi: “È una guerra commerciale senza senso. Il caro energia compromette la competitività. La Lombardia? Dovrà rinunciare al suo primato”

L’Assessore alle Attività Produttive di Regione Lombardia, Guido Guidesi, ha in mano i dati Istat. Nel 2024, l’interscambio commerciale tra Lombardia e Stati Uniti ha sfiorato i 19 miliardi, di cui 14 miliardi di export da qui all’altra parte dell’Atlantico. «È uno scontro svantaggioso per tutti. Gli Usa hanno bisogno di noi quanto noi di loro».
Cosa può fare una regione nel gestire una crisi commerciale internazionale?
«Stiamo spingendo affinché i canali diplomatici, europei e italiani, evitino questo danno».
D’altra parte, anche nel nostro governo nazionale, c’è chi pensa che l’Italia possa risolvere il problema con accordi bilaterali, escludendo l’Europa.
«Non so se questo succederà. Io auspico che Usa ed Europa trovino il modo per formalizzare un patto commerciale atlantico, che consenta alle imprese europee e statunitensi di collaborare e competere nella piena regolarità».
Il Made in China fa più paura di Trump?
«Il problema va osservato dalla prospettiva dei costi di produzione. In Cina sono irrisori. Qui da noi il caro energia compromette la competitività di prodotti di gran lunga migliori in qualità».
E come si interviene?
«Purtroppo, nemmeno i dazi alla sovrapproduzione cinese ci consentono di pareggiare la loro offerta. È un tema di regole Ue che non consentono all’industria di gareggiare sul mercato».
Quindi se avessimo energia e materie prime a buon prezzo saremmo più corazzati contro le mosse di Trump?
«Potremmo sì. Ma l’autonomia energetica va raggiunta a prescindere da cosa decidano negli Usa. Senza un cambio di rotta europeo in favore delle imprese, io temo davvero che, tra qualche anno, la Lombardia non potrà più vantarsi di essere la prima regione manifatturiera d’Europa, proprio perché non sarà più possibile fare industria in Europa».
Ancora una volta tocca all’Europa?
«L’Europa deve andare oltre i titoli altisonanti dei suoi rapporti e documenti ufficiali. La Bussola della competitività, il Clean Industrial Deal e tutto quello che è stato presentato nei primi cento giorni di Commissione von der Leyen deve trasformarsi in un cambiamento radicale rendendo concrete le decisioni prese».
Il tutto per sbaragliare i dazi?
«Ma i dazi diventeranno secondari. Se non si fa qualcosa qui, per l’industria europea, non ci saranno neanche i mezzi per combatterla questa guerra. Non avremo più nemmeno i prodotti da immettere sul mercato».
Assessore, lei è anche presidente dell’Ara (Automotive Regional Association, organo che abbraccia 36 territori europei ad alta concentrazione industriale nella filiera dell’auto, ndr), da questo punto di osservazione, è migliorato qualcosa nell’approccio delle istituzioni centrali Ue verso enti locali e forze produttive?
«Certo non poteva peggiorare. Il mancato rapporto con i territori è stato uno degli errori più gravi commessi dalla Commissione precedente. Quella di oggi si confronta con noi sui tavoli dell’auto, della siderurgia e della chimica. È già qualcosa. Ma, dall’ascolto, stiamo ancora aspettando che si arrivi a dei fatti concreti».
Le imprese lombarde hanno alzato l’indice dicendo di non illudersi: passare da una macchina a un carro armato non è così semplice.
«Gli imprenditori lo sanno. Prima che una fabbrica di auto possa riallocarsi nel settore dell’aerospazio passano almeno due anni. C’è tutto un processo di certificazioni, tempi e investimenti da tener conto. Questo è un punto che a Bruxelles e a Roma nessuno sembra aver preso in esame».
Quindi cosa manca all’Europa per tornare a crescere? Magari anche nell’industria della difesa?
«Libertà d’azione per raggiungere gli obiettivi, neutralità tecnologica, ricerca, innovazione e spazio all’ingegno dei nostri imprenditori. Gli aiuti non possono essere concentrati sul consumo specifico. Faccio ancora l’esempio dell’auto. Non ci si può limitare a incentivare l’acquisto di un’auto elettrica. Dobbiamo stare a fianco dell’industria. Vogliamo che nel 2035 ci sia una mobilità con una pluralità di trazioni, dall’elettrico ai biofuel, fino all’idrogeno? Dobbiamo far sì che tutta la filiera torni a essere competitiva.
Solo l’innovazione ci consentirà di raggiungere gli obiettivi ambientali, tutelando gli aspetti economici e sociali. L’innovazione non la fanno i regolamenti ma l’azione ingegnosa degli ecosistemi industriali che devono essere lasciati liberi di agire».
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