“Resto convinta che si debba lavorare per scongiurare in tutti i modi possibili una guerra commerciale che non avvantaggerebbe nessuno, né Stati Uniti né Europa, il che ovviamente non esclude – se necessario – di dover anche immaginare risposte adeguate a difendere le nostre produzioni”. Giorgia Meloni ha commentato così l’attesissimo e temuto conto alla rovescia per l’annuncio che Donald Trump ha riservato sul tema caldissimo dei dazi alla cara vecchia Europa. Il presidente Usa lo ha definito “il giorno della liberazione per l’America”, aggiungendo – per rafforzare ancora di più la sua percezione di forza – che comunque si dimostrerà “buono”. Una bontà ancora non quantificata nella giornata di ieri, perché fino alle ore 16 del pomeriggio di Washington (22 italiane) Trump non ha scoperto le sue carte.

Il punto in Canada

Del resto, quello dei dazi e dell’eventuale guerra commerciale è un tema estremamente divisivo anche nel Partito repubblicano. Soprattutto per quanto riguarda il Canada, un partner strategico di Washington, e che oggi guarda all’Europa sia in termini commerciali che strategici. Secondo quanto riportato dai media americani, The Donald e i suoi consiglieri economici fino all’ultimo hanno valutato le misure; da qui l’ipotesi che la reazione negativa dei mercati e le preoccupazioni degli investitori potessero ammorbidire le tariffe. Ma il dato certo, l’unico, è l’assenza di qualsiasi certezza, e dunque l’impossibilità di capire quali contromisure possano essere messe in campo per reagire alle politiche di Washington.

Niente contromisure

Ecco perché Meloni ha sposato l’attendismo realista: in mancanza di elementi, il governo ha scelto l’attesa rispetto ai toni agguerriti della Commissione europea, che con la presidente Ursula von der Leyen promette reazioni forti da parte dell’Ue. Quello della baronessa sassone sembra a oggi un salto nel buio, un esercizio di muscoli che rischia di dimostrare più debolezza che forza. Non il can che abbaia ma quel che morde sarà rispettato dagli Stati Uniti. A Bruxelles non sembrano digerire il fatto che gli Usa facciano sostanzialmente finta che l’Unione europea non esista, confrontandosi con i singoli Stati. Certo, è chiaro che la reazione nel caso di tariffe pesanti dovrà essere equilibrata, ma è anche vero che prima delle 22 di ieri ogni passo non poteva che essere considerato affrettato. Consapevoli del fatto che, come ha ricordato Meloni, “la guerra commerciale non conviene a nessuno”, e dunque si può e si deve negoziare. Che poi è ciò che vuole Trump nei fatti.

Evitare catastrofismi

La presidente del Consiglio anche nella sostanza ha invitato a evitare catastrofismi che campeggiano sulla stampa nazionale in questi giorni, ricordando la forza del Made in Italy. Il nostro Paese – come la Germania – è esposto più degli altri in Europa, ma Giorgia ha ricordato che “i prodotti agroalimentari italiani sono richiesti in tutto il mondo, a partire ovviamente dall’Europa. Bisogna ricordare che gli Stati Uniti sono il secondo mercato di destinazione, con un export salito nel 2024 del 17%”. Non ci sono dubbi però sul fatto che il mercato statunitense per noi è fondamentale: “È evidente che l’introduzione di nuovi dazi avrebbe risvolti pesanti per i produttori italiani, e penso sarebbe un’ingiustizia anche per molti americani, perché limiterebbe la possibilità di acquistare e consumare le nostre eccellenze solo a chi può spendere di più“. Ma per Roma resta ferma la volontà, una volta compresa l’entità delle tariffe, di arrivare a un negoziato e scongiurare una guerra commerciale.

Un errore profondo

Sul punto è intervenuto anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha parlato dei dazi come un “errore profondo” a cui l’Europa dovrà rispondere in maniera “compatta, serena, determinata”. La cautela è l’unica possibile soluzione, conoscendo e avendo già visto all’opera la caratteristica più evidente e dominante di Trump: l’imprevedibilità.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.