I numeri del duro colpo all'Europa
Dazi sulle auto, si comincia mercoledì: +25% su tutti gli import negli Stati Uniti. Gode solo Tesla

Il nuovo ordine economico mondiale prende il via ufficialmente il 2 aprile. Mercoledì prossimo saranno operativi i dazi “permanenti” del 25% su tutte le automobili importate negli Stati Uniti. È quanto prevede l’ordine esecutivo firmato dal Presidente Donald Trump nella giornata del 26 marzo. Lo aveva detto in campagna elettorale; lo ha ribadito in questi primi 67 giorni del suo mandato e alla fine lo ha fatto: “The Donald” va dritto come un treno applicando la sua politica economica e fiscale fondata su un approccio muscolare. Non solo una strategia diplomatica a breve termine che vorrebbe costringere gli interlocutori a sedersi a un tavolo di trattative, con la minaccia già operativa, ma anche una visione a medio e lungo termine: riportare le produzioni industriali negli Usa. a nuova amministrazione non manca di ricordare che chi produce nel territorio Usa non avrà alcun dazio sulle proprie merci e otterrà congrui sconti fiscali. Nel breve termine, però, la realtà da affrontare è quella della chiusura dei mercati e il saluto alla globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta fino a oggi.
I numeri
Tra i Paesi maggiormente colpiti dalla dottrina Trump ci sono quelli europei. Secondo le ultime stime, nel corso del 2024, i Paesi dell’Unione Europea hanno esportato auto negli Stati Uniti per oltre 51 miliardi di dollari. Il numero totale di veicoli supera le 784mila unità. La parte del leone la fanno le auto tedesche: 446mila sono state vendute negli Usa lo scorso anno per un valore di circa 18 miliardi. Anche l’Italia, nonostante la profonda crisi del comparto, vanta numeri interessanti nei confronti dello Stato del Nord America. Nel 2023, le case automobilistiche che producono nel Belpaese hanno venduto 75mila veicoli negli Usa per un importo molto vicino ai 4 miliardi di euro. Questi numeri si sono fortemente ridimensionati lo scorso anno, quando le auto vendute non hanno superato le 35mila unità per un valore di circa 2,7 miliardi euro. Sia l’Italia che, in generale, l’Ue vantano una bilancia commerciale settoriale ampiamente positiva nei confronti di Washington. Nel corso del 2024, l’export europeo supera di quasi 9 miliardi l’import di veicoli dagli Stati Uniti.
Musk vince
I produttori americani dovrebbero essere abbastanza tranquilli nei confronti dei dazi varati da Trump. Tutti coloro che hanno le produzioni su territorio americano guadagnano. Basti pensare ad Elon Musk e alla sua Tesla. Nonostante qualche mugugno del patron di X, «l’impatto sui costi non è banale» ha scritto sul suo social network, sono diverse le ragioni per le quali il creatore di Paypal potrà trarne beneficio. Tesla vanta, infatti, un’ampia produzione domestica di auto con stabilimenti in Texas, California e Nevada. I suoi principali concorrenti, i marchi di lusso europeo, saranno gravati da rincari del 25%, mentre le auto di Musk saranno senza dazi. Ancora, gran parte dei concorrenti del mercato elettrico saranno penalizzati dalle tariffe doganali, mentre le auto del tycoon saranno senza alcun aggravio ulteriore. Ma non è finita qui. Il governo degli Stati Uniti, tramite l’Inflation Reduction Act (Ira), offre forti incentivi per i veicoli elettrici prodotti in America. Tesla, con la sua fabbrica nazionale, può beneficiare di questi sussidi, mentre le auto europee importate non ne hanno diritto o ne ricevono meno.
Germania e Italia perdono
A risultare sconfitte saranno soprattutto Germania e Italia. Berlino subirà la scure dei dazi sul proprio export di automotive, mentre in Italia sarà più contenuto. Il vero problema, però, sarà la componentistica italiana che andrà in difficoltà semplicemente perché la catena produttiva italo-tedesca è fortemente sinergica. Se le aziende germaniche vendono meno auto, avranno bisogno di meno componenti prodotti qui. Questo potrebbe mettere in crisi il comparto che nel nostro Paese vale oltre 55 miliardi di euro e il 20% della produzione, esportata proprio in Germania. Il nuovo paradigma economico ha inizio e l’Italia dovrà reinventarsi insieme alla “vecchia” Europa.
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