La bocciatura del ddl Zan
Ddl Zan: bene i diritti Lgbt, ma nella legge alcune ombre
Sulla vicenda del ddl Zan esiste una interpretazione del tutto diversa da quella espressa da Bertinotti e da Schillaci sia per ciò che riguarda la ricostruzione dei fatti svoltisi al Senato sia sul merito. Indubbiamente la parte più oltranzista della destra era ed è contraria alla legge nel suo complesso. Invece tutto diverso è il discorso per quello che riguarda un’altra parte della destra, il centro costituito da Forza Italia e anche tutti coloro che in Italia Viva, nel Pd, nel M5s erano e sono del tutto d’accordo sull’aumento della tutela giuridica a gay, lesbiche, trans e invece sono contrari al comma d) sul gender, all’art.4 sul potere dei magistrati, all’art.7.
Per fare un esempio in un’altra legislatura, quando si è discusso di unioni civili il sottoscritto si è pronunciato in aula a favore dei matrimoni fra persone dello stesso sesso, ma se adesso fosse stato in Parlamento si sarebbe pronunciato contro questi tre aspetti della legge. Luca Ricolfi in un articolo sul Messaggero ha fornito un elenco di tutti coloro, persone e associazioni che contestano alcuni aspetti della legge non essendo né omofobi, né fascisti secondo il consueto stalinismo di ritorno messo in campo da un pezzo della sinistra. Stando a Ricolfi si sono pronunciati in questo senso l’Udi, Se non ora quando, Radiem, Arcilesbica, 300 gruppi riuniti sotto la sigla WHRC, la cui rappresentante italiana è Marina Terragni. Come persone Ricolfi ha ricordato Stefano Fassina, Paola Concia, Marco Rizzo, Mario Capanna. Alla luce di ciò che abbiamo ascoltato in televisione aggiungiamo Scalfarotto e il sen. Cerno che non ha partecipato alle votazioni.
Veniamo agli aspetti di merito. Sul comma d) dell’art. 1, quello che punta a introdurre la tematica gender nella nostra legislazione, Francesca Izzo, femminista ed ex parlamentare dei Ds, ha spiegato le ragioni del dissenso: «l’autodefinizione del proprio genere, indipendentemente dal sesso, ha l’effetto di mettere in discussione il rapporto che tutto il nostro ordinamento ha con il genere, è la rottura del legame tra sesso e genere e questa cosa fa sì per esempio – come avviene nei paesi anglosassoni dove sul punto si è andati più avanti e si prova a tornare indietro proprio per gli effetti che provoca – che se io dico di essere donna e che invece un transgender non è una donna come me rischio di essere accusata di transfobia. E la neolingua che viene introdotta mi impone di dire che sono una cisgender o persona con la vagina. Non posso chiamarmi donna».
Tutto ciò negli Usa e in Inghilterra sta avendo conseguenze disastrose: una scrittrice come la Rowling che ha rivendicato la sua femminilità è stata attaccata duramente e centinaia di professori-esse e giornalisti-e, di operatori e operatrici culturali sono stati perseguitati e licenziati sulla base di questa teoria gender che si sta estrinsecando come una pericolosa operazione autoritaria. Per ciò che riguarda l’art.4 noi non affideremmo mai a giudici come Davigo, Caselli, Di Matteo la facoltà di decidere sulla libertà di opinione riguardante questa tematica. Facciamo due esempi, uno riguarda la tematica sollevata da Francesca Izzo, l’altra riguarda le valutazioni sull’utero in affitto. Ad esempio il sottoscritto è radicalmente contrario sull’utero in affitto, reputa che esso è la forma più abietta e più invasiva di sfruttamento su una donna da parte di uomini ricchi. Con questa legge non c’è nessuna garanzia che se ci si esprime su questa tematica non si va a giudizio per omofobia.
Infine anche il tentativo di coinvolgere i bambini in predicazioni a senso unico su una tematica assai delicata suscita perplessità. Questo è il quadro, Enrico Letta sapeva benissimo qual era la situazione all’interno del suo stesso gruppo e a quello dei grillini, a parte Forza Italia e Italia Viva. Poi quando c’è un voto a scrutinio segreto su una tematica così delicata che travolge qualunque disciplina di gruppo o di partito bisogna essere sempre assai cauti. Non a caso subito prima della discussione in Senato Enrico Letta aveva espresso la disponibilità a trattare, che poi il gruppo del Pd si è rimangiato sapendo bene i rischi che correva. Allora nessuno può cambiare le carte in tavola, da nessun punto di vista, né da quello riguardante i lavori del Senato, né sul merito. Chi si permette di affermare che chi dissente da quei tre punti è omofobo e fascista è semplicemente un piccolo stalinista di ritorno.
Poi se Enrico Letta ha colto questa occasione per espellere finalmente Italia Viva dall’area del centrosinistra regolando un conto aperto dal 2014 questo ci sembra un gioco molto spericolato su cui per altro verso ha detto cose assai convincenti Michele Prospero quando ha rilevato sul Riformista dell’altro ieri che con il risentimento il Pd non va lontano. Francamente non capiamo come Enrico Letta può pensare di giocare la partita della presidenza della Repubblica scomunicando Forza Italia e Italia Viva. Francamente ci sembra una tattica suicida.
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