Il parere del giornalista sulla crisi dei moderati
“De Luca è il vero erede della destra napoletana”, intervista ad Antonio Polito
«La destra campana ha smarrito il tradizionale localismo patriottico. Quel campo l’ha occupato Vincenzo De Luca che di destra ha non solo la mascella, ma anche il decisionismo e la capacità di entrare in sintonia con il sentimento popolare». È un paradosso evidente quello che Antonio Polito, vicedirettore del Corriere della Sera ed ex senatore del centrosinistra, sottolinea analizzando la parabola discendente di cui Forza Italia e gli ex di Alleanza Nazionale sono protagonisti in Campania.
Direttore, sta dicendo che il presidente della Regione è il vero leader della destra?
«De Luca è l’erede della destra popolare campana perché capace di coniugare temi tradizionalmente cari alla sinistra con temi tipicamente di destra. Da sindaco di Salerno ha interpretato in modo magnifico il valore dell’ordine pubblico. E poi il decisionismo e la polemica contro Roma che lo contraddistinguono da governatore sono stati per anni il tratto caratteristico della destra napoletana e meridionale».
A Via del Nazareno non ne saranno troppo contenti…
«De Luca non è un esponente del “partito delle ztl”, nel senso che non è mera espressione delle “zone centrali” delle grandi città come invece è il Pd attuale. Ha conservato la tendenza all’ordine, radicata già nel Pci, e l’ha trasformata in un populismo 4.0».
È il governatore la causa della decadenza del centrodestra locale?
«La parabola discendente di quell’area politica c’è e si manifesta in tanti modi, a cominciare dalla mancanza di classe dirigente. Prima causa: il centrodestra ha smesso di fare politica a livello locale. E questa è una novità soprattutto per la destra napoletana che per anni ha dominato la città con Achille Lauro e il Movimento sociale: Antonio Rastrelli, per esempio, è stato un governatore di peso in una fase in cui la destra quasi non poteva presentarsi in pubblico. Seconda causa: il declino di Silvio Berlusconi. Forza Italia è stata una grande forza popolare in Campania, dove ha strutturato una classe dirigente affaristica incarnata da Nicola Cosentino. Quando la magistratura ha travolto quest’ultimo e altri grandi collettori del consenso popolare, sulle eventuali responsabilità penali saranno i giudici a esprimersi, Forza Italia si è sfarinata».
Perciò il vicecoordinatore campano del partito Fulvio Martusciello ipotizza la candidatura di Oreste Vigorito, presidente del Benevento Calcio, a sindaco della città sannita?
«Ecco il cascame del corteggiamento della società civile. È una tendenza che accomuna tutti i partiti da quando questi si sono “autoaffondati” ammettendo di essere l’origine di tutti i mali del Paese. La tendenza è poi degenerata nello sfruttamento cinico e demagogico della società civile a opera degli partiti che cercano “uomini di paglia” da candidare e dietro ai quali continuare ad agire».
È quello che sta accadendo a Napoli con l’annunciata candidatura a sindaco del pm Catello Maresca, non trova?
«Con una differenza: è Maresca che vuole spendere in politica la popolarità acquisita in magistratura e i partiti, privi di ogni autonoma e presentabile candidatura, lo valutano come aspirante sindaco. L’effetto è ugualmente singolare: forze politiche tradizionalmente garantiste scelgono un pm come proprio “eroe”, ma ancor di più lo è l’atteggiamento della Lega che da una parte sostiene Maresca e dall’altra invoca il referendum per la riforma della giustizia».
Non è altrettanto singolare che dal 2010 il centrodestra campano non riesca a esprimere un governatore o candidato governatore diverso da Stefano Caldoro?
«È il segno di una grave carenza nella formazione dei gruppi dirigenti. Caldoro è ciò che rimane di quella componente moderata e riformista del centrodestra governativo travolto, nel 2011, insieme con la leadership di Berlusconi».
Da dove dovrà ripartire la destra?
«La destra napoletana è sempre stata sudista e rivendicazionista. Poi questa opzione si è affievolita, tanto che i governi di centrodestra hanno realizzato poco per il Mezzogiorno spianando la strada a chi, come il Movimento Cinque Stelle, è riuscito a far approvare misure come il reddito di cittadinanza. Il risultato è stato il trionfo dei grillini alle elezioni del 2018. Ora, però, al Sud c’è un grande elettorato orfano del M5S e destinato, in mancanza di politiche all’altezza, a redistribuirsi. Una parte ha già scelto De Luca, ma l’altro rappresenta la vera sfida della destra: dare una risposta moderata a chi nutre disillusione e rabbia verso il potere. Se il Piano nazionale di ripresa e resilienza rimetterà in moto l’economia, quella sarà la migliore risposta al vuoto lasciato dal M5S. In questa prospettiva Salvini ha fatto bene a entrare nel governo Draghi».
Dunque Giorgia Meloni ha sbagliato a rimanerne fuori?
«Fratelli d’Italia deve dimostrare di saper governare. E anche per questo dovrebbe presentare un candidato autonomo al primo turno delle elezioni nelle grandi città. Non serve nascondersi dietro la cortina fumogena offerta dal Maresca di turno».
© Riproduzione riservata