Il primo affondo contro la Schlein, “volgare, perchè radical chic, senza chic” è arrivato già ieri con un primo post, che per la verità non ha generato tanto rumore oltre qualche titolo di giornale. E, molto probabilmente, l’attacco frontale è solo rimandato di qualche ora in attesa della consueta diretta Facebook del venerdì pomeriggio.
Però, prima dell’intemerata a mezzo social un consiglio vorrei darlo a De Luca padre. Premetto, a scanso di equivoci, di essere una bestia, un imbecille e, a tempo perso, anche un cafone e un analfabeta, però il mio è un suggerimento che per quanto non richiesto, parte dall’osservazione sistematica fatta in questi anni dei caratteri identitari della comunicazione di Vincenzo.
Di riflesso, il consiglio è rivolto anche a De Luca figlio, il deputato Piero, che nell’assemblea di martedì scorso non è stato riconfermato come vicecapogruppo del Partito Democratico a Montecitorio, generando così il casus belli del nuovo scontro tra il papà ed Elly Schlein. Più che scagliarsi a muso duro contro la segretaria dem – secondo il tradizionale canovaccio che ha fatto la fortuna di Maurizio Crozza – riservandole alcune tra le più rinomate locuzioni del suo vasto repertorio, Vincenzo De Luca dovrebbe provare a cambiare strategia per almeno tre buoni motivi.
In poche parole, dovrebbe rinunciare al cliché del nemico e, di conseguenza, al suo vocabolario incarognito. Ma, per dare fondamento al ragionamento, è utile anche partire dai dati non esaltanti incassati dal post pubblicato ieri su Facebook, Instagram e Twitter dagli account di Vincenzo De Luca “in politica – scrive il presidente -, come nella vita, non c’è nulla di più volgare dei radical-chic senza chic”. Certo è che i post status, ovvero di solo testo, sono da tempo meno performanti in termini di interazioni rispetto a quando pubblichiamo immagini e video, inoltre su questo in particolare De Luca si è guardato bene dall’inserire un destinatario preciso, eppure se confrontiamo la media delle percentuali dell’interazione ai post e quella del coinvolgimento ottenuta dai canali social negli ultimi 28 giorni con quella incassata solo nella giornata del 6 giugno è evidente una perdita di attrattività.
L’engagement medio dei tre account è calato dallo 0,44% allo 0,34% mentre la percentuale di interazione ai post – che ci restituisce quanto un singolo post sia coinvolgente per i follower – è scesa dallo 0,26% allo 0,22%. Perché, allora consiglio a Vincenzo De Luca di abbandonare per una volta la comfort zone comunicativa nella quale è stato un autentico mattatore?
Innanzi tutto, perché Elly Schlein incarna un idealtipo di “avversario” assi diverso da quello che De Luca è abituato a biasimare nelle sue arringhe e monologhi. Il cursus honorum della segretaria dem la porta, ancora per il momento, a essere lontana strutturalmente dalla “politica politicante”; la sua è la generazione di un nuovo impegno politico, fatto di attivismo, spontaneismo e di mobilitazione per singole cause. Non è arrivata lì per caso e questo De Luca non può sottovalutarlo, così come non può sottovalutare la dicotomia narrativa, a vantaggio della prima, tra i due percorsi politici.
In secondo luogo, in particolare modo nella società digitale ancor più velocemente, tutto invecchia, diventa ripetitivo, un dejà vu che non meraviglia più di tanto, che non stordisce come un tempo, che non cattura l’attenzione come le prime volte. Il vocabolario anticonvenzionale del deluchismo è da diversi anni confinato nella replica, certo sempre interessante, ma pur di replica si tratta. Questa ripetizione sottrae progressivamente autenticità e forza al messaggio.
Infine, ultimo ma non per ultimo, De Luca attacca la Schlein non per difendere, come per il passato, Salerno, Napoli, i campani, la sanità regionale, il Mezzogiorno dall’autonomia differenziata, dai politici parassiti, dal taglio delle risorse. No, questa volta lo fa, per metterla in soldoni, per lo sgarbo nei confronti di Piero, al figlio, e De Luca sa bene che la politica quando scade nella dimensione dell’affetto diventa perdente.