La campagna elettorale del sindaco di Napoli
De Magistris esporta la “ribellione dell’amore” anche in Calabria
Sembra di essere tornati al 2016. Mancava una manciata di giorni a Natale e Luigi de Magistris tentava di attirare i turisti celebrando Napoli come “città dell’amore”. Inutile ricordare il coro di critiche che si levò da parte di quanti intendevano ricordare al sindaco come la “città dell’amore” fosse invece un monumento al degrado e alla microcriminalità. Sono passati quattro anni e poco più, ma il primo cittadino con la bandana non è cambiato. E così, ora che punta a diventare governatore della Calabria, rispolvera il vecchio refrain parlando di “ribellione dell’amore” a proposito del sostegno che più di cento comitati garantirebbero alla sua candidatura.
Chi, come i napoletani, ha imparato a conoscere de Magistris, sa che la sua retorica oscillante tra il rivoluzionario e il romantico nasconde sempre qualcosa. Cioè l’inconcludenza. L’aspirante governatore, infatti, parla di “ribellione dell’amore” ma non fa chiarezza sui reali obiettivi della sua candidatura in Calabria. Nelle scorse settimane, infatti, de Magistris ha presentato il ticket con Carlo Tansi, leader di quattro liste civiche. In base all’accordo, Dema dovrebbe essere candidato alla presidenza, mentre Tansi punterebbe al Consiglio regionale. Così andrebbe se il sindaco di Napoli e il suo alleato calabrese vincessero le elezioni in programma l’11 aprile. Se si piazzassero al secondo posto, invece, a entrare in Consiglio sarebbe soltanto de Magistris; se non andassero oltre la terza piazza, infine, nell’assemblea entrerebbe soltanto il più votato tra i candidati consiglieri, con la conseguenza che l’aspirante governatore resterebbe fuori.
È questo il punto: Dema ha annunciato la candidatura alla presidenza, ma non chiarisce se il suo nome figurerà anche tra quello dei potenziali consiglieri. Non si tratta di una questione di poco conto: se si candidasse soltanto a governatore, il sindaco dimostrerebbe di essere sicuro di vincere; se si sottoponesse al vaglio dei calabresi sia come aspirante presidente che come aspirante consigliere, svelerebbe la velleità e l’inconcludenza del suo progetto politico a Cosenza e dintorni. C’è da aspettarsi, quindi, che le settimane che mancano al voto saranno costellate di promesse roboanti come quelle alle quali de Magistris ha abituato i napoletani in dieci anni alla guida di Palazzo San Giacomo. Il sindaco annuncerà la costituzione di una flotta chiamata soccorrere i migranti diretti a Capo Rizzuto o Roccella, il conio di una moneta calabrese che renderà la regione di Cosenza autonoma dal Governo centrale, magari pure la trasformazione di qualche quartiere malfamato in una piccola Montmartre.
Le soluzioni alle grandi questioni politiche e amministrative che affliggono la Calabria? Saranno progressivamente e inesorabilmente superate dal ribellismo sterile e inconcludente. E lo stesso dicasi per l’esperienza da sindaco di Napoli che sarà sbandierata come modello di politica virtuosa, ma mai presentata per ciò che è stata realmente: un decennio dal quale il capoluogo campano è uscito a pezzi, con un disavanzo quasi quadruplicato, periferie abbandonate, servizi a cittadini e imprese pressoché azzerati. Paradossalmente solo il successo elettorale di de Magistris e un quinquennio di presidenza della Calabria potrebbero fare luce sulle “doti” politiche e amministrative del sindaco di Napoli. Ma questo è un destino che ai calabresi, francamente, non vogliamo augurare.
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