L'addio all'ex segretario della Dc
De Mita, la vita a Nusco di ‘Ciriachì’: briscola, tressette e il cugino all’opposizione. “Quando sarò morto continuerò a parlare”

Dai grandi esponenti della politica nazionale al compagno di briscola e tressette nella tranquilla Nusco. Tutti hanno parole, ricordi, aneddoti per raccontare Ciriaco De Mita, ex premier e segretario della Democrazia cristiana e dal 2014, nonostante i suoi 94 anni, sindaco della cittadina dell’Irpinia, Nusco appunto, dove era nato e da dove negli anni ’50 era partito alla volta di Roma, passando per Milano.
«Quando sarò morto continuerò a parlare», disse in una delle sue tante interviste. Non aveva un ufficio stampa, bastava comporre il numero di casa De Mita per parlare con lui. Del resto il suo rapporto con la stampa, con gran parte di essa, è sempre stato molto stretto, soprattutto negli anni Ottanta quando il potere della Dc era condizionante dappertutto. De Mita è stato un politico di potere, un leader, espressione di una politica colta, la politica di un tempo. Con lui se ne vanno gli Ottanta, qualche interrogativo sulla ricostruzione post-terremoto, la storia della Prima Repubblica. Agnelli lo definì «un intellettuale della Magna Grecia». «De Mita era un uomo che vedeva il potere figlio della politica, non la politica figlia del potere», racconta Cirino Pomicino. Lui e De Mita sono stati amici pur nella distanza politica, avversari nei congressi, alleati nel governo. Un anno fa avevano anche pensato a una lista comune per le elezioni amministrative a Napoli ma il progetto poi sfumò. «De Mita il potere lo usava secondo i riti democristiani, un potere discreto», aggiunge Pomicino.
Il potere aveva portato De Mita a confrontarsi sulla scena politica nazionale, le carte e qualche amico di lunga data gli tenevano invece compagnia nella casa di provincia sulle montagne avellinesi. Le carte rigorosamente napoletane. Briscola, tressette, scopa. Il tavolo da gioco in un bar a pochi metri dalla sua villa di Nusco, in via Piano. Smazzava e raccontava dei suoi incontri con personaggi della storia come Gorbaciov, Mitterand, il Papa e tanti altri. «Aveva una memoria di ferro, oltre alla cultura», racconta Agostino Majurano, ex sindaco di Nusco. Usa la metafora della briscola per spiegare la storia politica di De Mita: «È lo stesso gioco – dice – perché Ciriaco nasce come politico nel dopoguerra, quando i comizi si facevano da due balconi contrapposti. E lui giovanissimo, appena diciottenne, il primo scontro lo ebbe con Carlo Muscetta». Il famoso latinista contro un giovane che avrebbe scelto di frequentare l’università a Milano e poi arrivare a Roma, capitale delle istituzioni. «È proprio questo che non si potrà cancellare della sua storia», sottolinea Majurano.
La scalata di De Mita, da figlio di un sarto di un piccolo paese di provincia a uomo potente della politica nazionale. Sicuramente a quei tempi l’ascensore sociale funzionava meglio di adesso, ma De Mita ci mise del suo. «Scompare con Ciriaco De Mita un’eccezionale figura di politico che ha attraversato fin da giovane la vita del Parlamento repubblicano impegnandosi a diffondere i temi della democrazia rappresentativa», afferma l’avvocato Vincenzo Siniscalchi, già parlamentare del gruppo Ds – Ulivo e componente del Csm. «Il patrimonio di cultura politica e ricerca del dialogo, originale ricchezza del suo impegno culturale e dialettico, non verrà disperso e dovrà formare tema di ricerca e di studio per la nostra democrazia e per le necessarie riforme», conclude Siniscalchi.
Da destra a sinistra non c’è parte politica che non abbia espresso un proprio ricordo di De Mita. «Lo tsunami di Mani pulite, “del giustizialismo a tutti i costi” che travolse la politica dopo il 1992, ci separò: io qui a Napoli, definitivamente uscito di scena, lui arroccato nella sua Nusco, anche se da lì ha continuato a influenzare in maniera rilevante la politica nazionale e regionale. Al di là del dato politico che ci vedeva contrapposti, con lui c’erano rapporti personali e di rispetto reciproco», ricorda Giulio Di Donato, deputato per tre legislature del partito socialista e fedelissimo di Bettino Craxi. Il governatore Vincenzo De Luca, che nel 2007 lo aveva definito «il problema della politica in Campania» ricorda De Mita con queste parole: «Scompare con Ciriaco De Mita uno dei massimi esponenti del cattolicesimo democratico del nostro Paese, che ha rappresentato con maggiore coerenza e tenacia le esigenze del Mezzogiorno d’Italia e della sua terra. Scompare uno dei rari esponenti politici che ha sempre tentato di legare l’azione politica a un percorso di lungo periodo». «È stato un protagonista di primo piano nella vita del Paese – commenta Antonio Bassolino – , un leader animato da forte passione politica, un uomo legatissimo alla sua terra tanto da essere fino alle sue ultime ore di vita sindaco di Nusco. Ci siamo sempre confrontati con grande rispetto e reciproca stima e simpatia».
Oggi Nusco, che si prepara ai funerali di De Mita alla presenza delle più alte cariche politiche a partire dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, è un paese a lutto. Ieri all’alba si è svegliato senza più il suo sindaco, morto in una clinica di Avellino dove stava cercando di riprendersi da una brutta caduta e un intervento per sanare le fratture. Improvvisamente catapultato all’attenzione nazionale. «Il sindaco De Mita era sempre il primo ad arrivare in Comune, la puntualità era una sua fissazione. Non gli ho mai dato del tu, l’ho chiamato sempre Presidente, anche se ci conoscevamo da una vita», dice Walter Vigilante, vicesindaco di Nusco. Giovanni Marino, invece, è il cugino di De Mita, anche lui impegnato in politica, prima sulla sponda della sinistra più estrema poi con il Pd.
Al Comune di Nusco De Mita guidava la maggioranza, Marino è all’opposizione: «Una volta mi disse che ero la pecora rossa della famiglia, io gli dicevo “Ciriachì (come lo chiamavamo in famiglia) tu in fondo sei leninista, nel Pci avresti fatto carriera – racconta – . Una volta gli rimproverai di aver abbandonato il suo pensiero politico per la cultura di governo e che aveva dato il meglio di sé tra gli anni ’50 e ’60. Lui non mi rispose, attese che glielo dicessi un’altra volta in privato e sbottò: “Non hai capito niente, il meglio di me l’ho dato nel 1988 con Gorbaciov e ancora prima quando da ministro del Commercio con l’Estero incontrai Fidel Castro favorendo disgelo nei rapporti”. La lezione politica che ci lascia – conclude Marino – è il valore della politica. Non si può cambiare la società senza la politica. E su questo, nonostante le differenze, posso dire che la pensavamo allo stesso modo».
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