Debito pubblico, una metafora per spiegare a Landini la condizione dell’Italia e la sua versione del sovranismo di sinistra

Mi piacerebbe chiedere a Maurizio Landini che cosa rappresenta per lui e la Cgil la Banca d’Italia; e se il Governatore pro tempore dell’edificio di via Nazionale con le palme (copyright di Eugenio Scalfari) sia un obiettivo custode degli equilibri finanziari ed economici ( e quindi anche sociali ) del Paese oppure il rappresentante italiano della ‘’banda del buco’’ votata all’austerità a scopi demoplutocratici (tra un po’ la definizione sarà estesa anche ai giudei).  E  quali sono le sempre più frequenti esternazioni di Fabio Panetta? Al Meeting di Rimini, Panetta, pur senza ignorare i progressi compiuti dall’Italia dopo la crisi pandemica, ha messo sulla bilancia del dibattito politico la spada di Damocle del debito pubblico la cui riduzione in rapporto al prodotto resta il problema cruciale, perché ‘’un debito elevato rende più onerosi i finanziamenti alle imprese, frenandone la competitività e l’incentivo a investire; espone l’economia italiana ai movimenti erratici dei mercati finanziari. Sottrae risorse alle politiche anticicliche, agli interventi sociali e alle misure in favore dello sviluppo’’.

I remi in barca

Poi ha ricordato che ‘’l’Italia è l’unico paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione’’.  Un confronto “emblematico di come l’alto debito stia gravando sul futuro delle giovani generazioni, limitando le loro opportunità’’; e rendendo vano e predicatorio il salto per la qualificazione delle competenze, la cui inadeguatezza messa a  confronto con le sfide è uno dei fattori critici per una maggiore produttività che garantisca un impegno di crescita dell’innovazione. Panetta ha poi indicato come: ‘’Affrontare il nodo del debito richiede politiche di bilancio orientate alla stabilità e al graduale conseguimento di avanzi primari adeguati. Tuttavia, la riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico. La strada maestra passa per una gestione prudente dei conti pubblici, affiancata da un deciso incremento della produttività e della crescita. Questo circolo virtuoso aumenterebbe significativamente le probabilità di successo e rafforzerebbe la credibilità delle nostre politiche, alleggerendo il peso della spesa per interessi’’.

Dopo il ‘’liberi tutti’’ durante la crisi sanitaria, quando la BCE  acquistava i nostri titoli di stato (un’operazione che non era un Monopoli in grande, ma una colossale ipoteca sul futuro), la Ue ha dovuto tirare i remi in barca e affidarsi a delle nuove regole che hanno assegnato all’Italia dei compiti di graduale risanamento che non sono un ‘’partito preso’’ di coloro che Harold Wilson  definiva gli ‘’gnomi di Zurigo’’, ma un’assicurazione sulla vita per non fare la fine del Venezuela (è il nuovo modello di sviluppo?) dove il popolo patisce la fame e la sete perché non può nutrirsi col petrolio su cui galleggia. E di conseguenza è stato privato anche delle principali libertà, perché è il solo modo per costringere la gente subire l’indigenza. Se mi è consentito vorrei ricorrere ad una metafora per spiegare al leader della Cgil la condizione dell’Italia.

L’esempio

Mettiamo il caso di una famiglia reclusa in uno spazio circolare di cui però occupa solo la metà. Tra le due parti c’è un’esile barriera di cartone. Nell’altra semicirconferenza ci sono famiglia di animali feroci che si riproducono incessantemente (il debito pubblico corre senza freni verso i 3mila miliardi). È sufficiente che questa colonia di animali sempre più affamata si accorga di chi vive dall’altra parte per sfondare la cortina e fare strame dei loro coinquilini (ci sta bene qui una citazione di Sebastiano Vassallo: ‘’le chimere sono animali feroci; gli uomini si nutrono di chimere; le chimere di uomini’’). La famigliola in pericolo ha però un piccolo vantaggio: attraverso una crepa nella cortina è in grado di tenere sotto controllo i movimenti del serraglio. E’ chiaro che se le belve sfondano la parte non hanno modo di difendersi; ma almeno hanno la possibilità di non esasperare quella scomoda convivenza con rumori e azioni che possono rivelare la loro presenza. Mutatis mutandis, mi pare che la metafora sia chiara.

Il dovere dell’Italia

È a questo punto che casca l’asino. L’Italia già sotto procedura di infrazione per l’extra deficit di quest’anno deve fare il possibile per tornare al più presto sotto il classico 3% del Pil e deve anche avviare una riduzione dell’incidenza del debito: un’operazione che può essere realizzata anche attraverso un forte incremento al denominatore. Il fatto è – come ha detto Panetta – che è cruciale una politica di bilancio che sottragga il paese dalla servitù del servizio del debito. Nell’incontro con i sindacati Giancarlo Giorgetti  ha delineato  che il  Piano strutturale sarà prudente e responsabile in conseguenza dell’applicazione del patto lungo una traiettoria che il governo italiano ha scelto di portare a 7 anni per rendere sostenibile il piano. In tale ambito il tasso di crescita della spesa media annua, all’1,5% in media nel periodo considerato, e la correzione pari allo 0,5% sul saldo strutturale che permetterà di arrivare sotto al 3% già dal 2026 e dunque avviare l’uscita dalla procedura di infrazione nella quale ci troviamo.

L’accusa di Landini

È arduo contestare il Piano almeno nei suoi obiettivi; al massimo si possono esprimere dubbi sulla effettiva possibilità che il governo li realizzi. Ma Landini è andato oltre. In sostanza ha accusato il governo di avere firmato un accordo capestro con il nuovo patto di stabilità. «Ci saranno sette anni di austerità – ha commentato il segretario della Cgil conversando con i giornalisti  – Ci hanno detto che la spesa pubblica non può aumentare di 1,5 punti l’anno, il deficit deve ridursi di uno 0,5 l’anno. Ciò significa un recupero di 12-13 miliardi come minimo ogni anno. Non aumentare la spesa pubblica significa di fatto tagliarla perché non è nemmeno legata all’inflazione». Siamo in presenza di una versione di sinistra del “sovranismo”?