Il voto finale
Decreto ong, a cosa serve e cosa prevede: Salvini scontento, voleva di più
La Lega ha provato fino all’ultimo secondo utile ad approvare un decreto sicurezza monstrum: nuovo regolamento per le imbarcazioni delle ong; norme più stringenti contro gli stalker in difesa delle donne; norme sui minorenni per debellare la piaga delle baby gang; le nuove norme sulla sicurezza stradale, contro i pirati della strada e gli esibizionisti del monopattino.
Ieri pomeriggio, una manciata di minuti prima dell’inizio del Consiglio dei ministri il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, fedelissimo di Salvini, discuteva fitto nell’angolo della buvette alla Camera con il collega sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove – fedelissimo invece di Meloni – per convincere il cerchio magico della premier a dare semaforo verde al pacchetto intero. “Per noi è ancora tutto dentro, esiste uguale emergenza per tutti i provvedimenti indicati” spiegava una fonte parlamentare della Lega. Ma l’ordine del giorno del Cdm ha fatto cadere ogni residua speranza per il vicepremier leghista – molto seccato – e del suo dream team. Sul tavolo del Cdm sono arrivati “misure urgenti per la gestione dei flussi migratori e la semplificazione delle procedure” e l’informativa del ministro della Sanità Schillaci per contenere la circolazione di cinesi positivi al Covid (tampone e isolamento obbligatori all’arrivo in attesa di capire se il virus ha sviluppato nuove varianti).
Salvini ha quindi perso la sua partita sul maxi decreto Sicurezza che alla fine introduce solo il Nuovo regolamento per le Ong. Il mitologico “muro navale” strombazzato per anni nelle varie campagne elettorali, si è sgretolato come un castello di sabbia sulla battigia. Ed è diventato un Regolamento. In pratica sarà ristretta in maniera drastica la possibilità di intervento in mare. Meloni è stata chiara: “Non ostacoleremo il soccorso dei naufraghi ma non consentiremo alle navi di rimanere per giorni in mare. In questo modo garantiremo anche ai migranti di essere subito assistiti”. In poche parole, d’ora in poi sarà possibile fare un solo soccorso e poi sarà subito obbligatorio informare la Guardia Costiera e chiedere il porto sicuro.
Significa limitare al minimo le prestazioni, compresi i trasbordi, delle grandi navi delle ong. E rendere il tutto molto costoso. Chi non rispetta queste regole rischia la multa e il sequestro della nave. Nella bozza, nella premessa, fa un esplicito riferimento al fatto che “tutte le attività devono essere conformi alle norme nazionali e alle convenzioni internazionali”. questo decreto azzera la circolare che il ministro Piantedosi firmò il primo giorno di governo e che ha prodotto la crisi diplomatica con la Francia non ancora risolta. Politicamente restano sul tavolo un problema politico, uno di merito e uno di metodo. Il nodo politico è che nei fatti nelle ultime ore la Lega si è trovata davanti un muro al governo composto dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. I tre si sono fatti portavoce del malessere del Quirinale rispetto ad un altro decreto-salame, non urgente né omogeneo. Segnarsi questa nuova alleanza. Tornerà utile presto per capire le dinamiche nella maggioranza.
Sul merito e sul metodo la giornata di ieri aveva in agenda tre appuntamenti molto delicati: il voto di fiducia al Senato sulla legge di bilancio e il rinvio a oggi del voto finale; il voto di fiducia alla Camera sul decreto rave – Covid e giustizia che le opposizioni sono seriamente intenzionate a far decadere; il Consiglio dei ministri si è trovato a fronteggiare una nuova emergenza Covid con l’arrivo in Italia di decine e decine di cinesi positivi. Sui problemi di merito dice molto il vice capogruppo del Pd Piero De Luca: “Il decreto rave che stiamo votando con la solita fiducia è il manifesto ideologico della destra, inventa un’emergenza inesistente sui rave in Italia, creando tra l’altro gravi pericoli di restrizioni arbitrarie delle libertà di manifestazione, e fa piazza pulita delle ultime restrizioni anti Covid pagando una cambiale elettorale ai negazionisti mentre stanno arrivando in Italia centinaia di cinesi positivi al virus di cui non conosciamo la variante”.
Quando De Luca parla, il ministro della Sanità Schillaci sta informando il Cdm sulla circolare urgente che prevede l’obbligo di tamponi per i cittadini cinesi e il loro isolamento in caso di positività almeno il tempo necessario per isolare eventuali nuove varianti. Dove possa avvenire l’isolamento non è chiaro visto che tutte le strutture sono state smantellate. Il problema è che mentre Schillaci prendeva queste misure, il Parlamento votava per eliminare per decreto tutte le residue precauzioni in Italia. Sempre sul merito, lascia perplessi come al governo Meloni piaccia occuparsi più di sicurezza che di altre emergenze come lavoro, caro energia e inflazione. Sono tredici i decreti approvati finora dal governo (in soli due mesi). La maggior parte sono routinari – contro inflazione e caro energia – o tecnici (per velocizzare il Pnrr, il riordino delle funzioni ministeriale, la frana di Ischia).
I due decreti più politici- contro i rave party e contro le Ong – cioè voluti dalla maggioranza, hanno una forte caratterizzazione securitaria. La sicurezza, si sa, è un cavallo di battaglia della destra. Il luogo sicuro dove rifugiarsi per tirare su il consenso e issare bandierine identitarie. Specie dopo una prova non proprio eccellente – dal punto di vista del consenso – come è stata la legge di bilancio. Il governo ha poi un problema di metodo: decisioni prese quasi sempre con decreto, con voti di fiducia e, soprattutto, strangolando i tempi parlamentari. Ieri sera c’è stata bagarre alla Camera quando la capogruppo del Pd Serracchiani ha denunciato il fatto che il governo, nella persona del ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani (Fdi), ha annunciato in una trasmissione tv che “sarà messa la tagliola per impedire che l’ostruzionismo delle opposizioni faccia decadere il decreto rave”.
I tempi sono molto stretti. Il testo deve essere approvato almeno entro le 12 del 30 dicembre per andare al Quirinale e poi essere pubblicato in Gazzetta entro la mezzanotte. Il voto di fiducia è passato ma Pd, Terzo Polo e 5 Stelle hanno presentato 160 ordini del giorno e hanno chiesto due sedute fiume, anche in notturna, per poterli discutere tutti. Il governo non ci sta e ha fatto sapere, scavalcando le prerogative del Presidente della Camera, che i tempi di discussione saranno tagliati (la famigerata tagliola). Vedremo. Le opposizioni hanno altri modi per far saltare il banco. Ad esempio far mancare il numero legale all’ultima e decisiva votazione. “E comunque – riflette De Luca – anche dover ricorrere alla tagliola, dopo due mesi di governo, è per la maggioranza una grave sconfitta”.
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