Dopo settimane di annunci, attese e rinvii è finalmente comparso il decreto di aprile, nato a maggio e ribattezzato “Decreto Rilancio”. Tra le misure più attese quelle riguardanti il turismo e la cultura, i settori più colpiti dalle restrizioni per contrastare la diffusione del Coronavirus. Abbiamo chiesto una valutazione su quanto previsto dal governo a sostegno di cinema, televisioni e giornali ad Agostino Saccà, storia e attualità dell’audiovisivo italiano.
Una lunghissima carriera nel servizio pubblico, due volte direttore di Rai Uno, ex Dg Rai, oggi alla guida della “Pepito Produzioni” da lui fondata e protagonista di numerosi successi, quali Hammamet (6 milioni di euro l’incasso) e Favolacce, il film dei gemelli D’Innocenzo, premiato a Berlino con l’Orso d’Argento alla sceneggiatura.

Sono state appena presentate dal ministro Dario Franceschini le misure a sostegno dell’audiovisivo, solo parole o fatti?
Moltissime parole, pochissimi fatti.

Parliamo dei fatti.
I fatti sono circa 250 milioni ottenuti dal ministro Franceschini portando il tax credit dal 30 al 40% e altri 80 milioni per tv locali ed editoria. Un settore che in Italia vale globalmente circa 6-7 miliardi e che il Corona Virus ha ridotto in condizioni disastrose, quasi di precoma. 110 film sospesi in attesa che riaprano le sale, insieme ad altre 25-30 produzioni tra tv movie e serie televisive, tutte bloccate. Una perdita che supera gli 800 milioni.

Che in termini occupazionali e culturali significa?
Un disastro totale, dopo che proprio grazie alla legge Franceschini (un ministro che io reputo, come Giuliano Ferrara, il migliore della Repubblica) l’audivisivo era diventato un settore vitale, con piena occupazione.

Si riferisce soprattutto al tax credit?
A tutte le misure. Franceschini ha fatto una legge di sistema, che ha dato certezza ai contributi statali, facendo del tax credit il re dei contribut: il 30% di vantaggio fiscale per i produttori, ma soprattutto per il sistema, perchè sono tutti soldi investiti nella produzione.

E alla fine ci guadagna anche lo Stato?
Si, per ogni euro investito in tax credit, lo Stato guadagna in contribuzioni e versamenti previdenziali, riducendo la disoccupazione. Ci dovrebbe essere tutto l’interesse ad aumentare il tax credit, cioè a stabilizzare l’ampliamento al 40%, ora previsto come misura eccezionale per sostenere e sviluppare l’industria dell’audiovisivo.

Invece per televisioni e giornali cosa è stato previsto dal decreto?
Nulla. Nulla, nonostante sia un settore importantissimo per la cultura e la tutela della democrazia di questo paese e che affronta una crisi gravissima, dovuta soprattutto al crollo della pubblicità. Mediaset perde circa il 50%, l’ha recentemente detto Berlusconi, e la perdita Rai sfiora il 40% . Vuol dire il collasso per due aziende straordinarie che costituiscono il 70%, dell’ascolto complessivo di questo Paese. I giornali stanno anche peggio.

Cosa andrebbe previsto che non c’è nel decreto?
Una misura fiscale anche in questo caso. C’è un’Iva al 22% che pesa sulla pubblicità, occorre defiscalizzare o, meglio ancora, destinare per alcuni anni una parte dell’Iva, almeno il 70% poco più di un miliardo, ad un fondo speciale per sostenere giornali e televisioni, altrimenti questo paese perderà la possibilità di raccontarsi e raccontare per immagini.

La Rai, il servizio pubblico può contare come nel resto d’Europa, sul gettito del canone, che in Italia ammonta a 90 euro l’anno, mentre negli altri paesi è molto più alto: 160 euro in Francia, 250 euro in Germania e Regno Unito. Ma nonostante l’Italia abbia un canone tra i più bassi d’Europa, una parte viene trattenuta dallo Stato. Si potrebbe agire anche su questo e destinare tutto il canone alla Rai?
Esatto. Dei 90 euro di canone la Rai ne riceve soltanto 75, il resto va allo Stato, in parte per ragioni legittime, tra cui l’Iva, ma è il 4%, il resto sono gabelle e prepotenze introdotte dai passati governi, per un totale di circa 350 milioni di euro. Ora sarebbe il momento di destinare queste somme interamente al servizio pubblico, vincolandole agli investimenti sul prodotto, cinema, fiction, documentari cartoni animati, per impedire che vengano spese in aumenti di stipendi o ammortamenti industriali e dare a tutto il settore una boccata d’ossigeno strordinaria.

Quindi aumento stabile del tax credit al 40% , sterilizzazione dell’Iva e integrazione del canone Rai, dovrebbero essere le misure imprescindibili?
Esatto, sono tre pilastri. Le associazioni di categoria ed i sindacati dovrebbero adoperarsi, io per la mia piccola parte lo farò,  per sensibilizzare un gruppo di parlamentari sia nella maggioranza che all’opposizione, per presentare un emendamento bipartisan per attuare queste misure per nulla drammatiche.

Le piattaforme nate da qualche anno e che oggi vivono un momento di eccezionale successo, cosa stanno facendo, Netflix Amazon, Sky?
Intanto va ricordato che le piattaforme sono state fondamentali per la crescita del sistema italiano e per far conoscere l’Italia nel mondo. Netflix ha fatto qualcosa di importante: ha destinato all’Italia quasi un milione e mezzo sui circa 100 che sta investendo a fondo perduto per sostenere l’industria audiovisiva nel mondo e se consideriamo che il 70-80% va agli Stati uniti, si può comprendere quanto Netflix tenga al nostro Paese e quanto le piattaforme siano fondamentali nella crescita industriale del paese e quindi l’aumento del tax credit fa bene anche a loro.