L'editoriale
Decreto scarcerazioni voluto da Repubblica e Bonafede, il Fatto in seconda fila a fare il tifo
Le Camere penali si sono opposte a questo decreto che sbarra, in uscita, le porte delle carceri. E istituisce una specie di tribunale speciale per le scarcerazioni, come negli anni Venti. Un tribunale speciale al di fuori della Costituzione. Più precisamente, questo decreto rende le porte delle carceri porte girevoli, ma girevoli solo in direzione entrata. Se un giudice ti scarcera poi c’è un Pm che ti rimette dentro. Le Camere penali, dicevamo, si sono opposte, lo hanno definito decreto vergogna, hanno detto che è ispirato da una inaudita cultura poliziesca. Nessun altro ha fatto le barricate. Naturalmente è sempre possibile che in Parlamento, al momento della conversione in legge, scatti l’ostruzionismo. Il vecchio, democraticissimo, ostruzionismo (negli Stati Uniti si chiama filibustering ed è uno strumento di lotta parlamentare consueto). Possibile, ma per ora estremamente improbabile.
Il mondo politico si è chiuso a testuggine, difende Bonafede, oppure lo accusa di essere un mollaccione e dice che il suo decreto non basta o cose del genere. Nella magistratura ci sono malumori, perché chiunque si accorge che è un decreto che spazza via, sul piano proprio dei principi, l’autonomia e l’indipendenza del magistrato. E in particolare riduce la magistratura giudicante a cenerentola. Senza principe. Ma nella magistratura, si sa, i cuordileone sono pochi pochi. Cosa dice questo decreto? Che se ti scarcerano perché le tue condizioni non sono considerate compatibili col carcere, sulla base di un vecchio articolo del codice penale varato dal fascismo (lo abbiamo scritto altre volte: l’antifascismo dell’attuale maggioranza, su questo tema, consiste nella critica all’eccessivo liberalismo del regime di Mussolini…) il magistrato sarà chiamato ogni 15 giorni a ripensare alla sua decisione e dovrà riattivarla, e cercare le pezze d’appoggio per riattivarla e in pratica, una volta che si è preso in carico la liberazione di due o tre detenuti dovrà occuparsi solo di quelli.
Oppure arrendersi ai diktat di Repubblica–Bonafede (ormai Il Fatto è finito in seconda fila a fare il tifo…) e rimetterli in prigione, così poi potrà occuparsi anche di altre cose. Il decreto paralizzerà l’attività dei tribunali di sorveglianza e li sottoporrà alla pressione continua della politica e dei mass media. Se tenete conto di cosa sono oggi i mass media travaglizzati in Italia vi rendete conto che questi magistrati hanno due sole strade: o l’eroismo o la resa. Non tutti sanno, comunque, che la maggior parte dei detenuti scarcerati in questi giorni era in attesa di giudizio. Cioè – lo diciamo per chi non ha ancora letto o magari ha dimenticato la Costituzione- erano, e sono, innocenti. Non sono stati scarcerati dai giudici di sorveglianza, che devono occuparsi delle pene (e per i detenuti in attesa di giudizio, ovviamente, non ci sono ancora, o non ci saranno mai, pene) ma dai Gip.
Voi sapete, forse, che i Gip sono i giudici delle indagini preliminari e che di solito agiscono a contatto strettissimo coi Pm. Negli stessi uffici, negli stessi bar, nelle stesse strade. È rarissimo che un Gip dia torto a un Pm. E questa, tra l’altro, è la ragione fondamentale per la quale si chiede la separazione delle carriere. Per avere dei Gip realmente indipendenti dai potenti Pm. Ebbene, secondo il decreto, anche i Gip, e gli stessi Pm, dovranno occuparsi a tempo pieno dei detenuti eventualmente scarcerati. Perché ogni 15 giorni anche loro dovranno motivare una sentenza di scarcerazione. Un Gip che scarcera dovrà rispondere al Pm che gli ha chiesto l’arresto, e ogni 15 giorni spiegargli perché il suo detenuto (suo: ormai c’è un nesso di proprietà tra pm e detenuto) non è più in prigione.Se non lo farà, l’ex prigioniero tornerà prigioniero.
Ci sarebbe quell’articolo della Costituzione, quello sul giusto processo (il 111), il quale spiega che accusa e difesa sono sullo stesso piano, e che poi c’è un giudice terzo. Con questo decreto il giudice terzo invece non esiste più, deve rispondere al Pm (sia il giudice di sorveglianza sia il Gip) e la difesa è del tutto fuori gioco. Avete qualche dubbio sul fatto che questo decreto sia incostituzionale? No, nessuno ha dubbi su questo. La tesi di chi ha varato il decreto, e dei giornali che lo hanno spinto a fare ciò, è che della Costituzione ci se ne può anche fregare. Soprattutto ora che siamo in emergenza. Voi dite: ma c’è una emergenza mafia? No, non c’è, ma c’è l’emergenza virus che è sempre un’emergenza, e quindi possiamo benissimo mandare la Costituzione a quel paese.
Poi voi dite: ma tutti questi scarcerati sono boss della mafia, come dicono i giornali? No, nessuno di loro è un capomafia e la maggioranza di loro con la mafia non c’entra niente. Ma resta l’emergenza virus che ha il potere di rendere boss mafioso anche un piccolo spacciatore. Chi pagherà per questo abominio da Stato di polizia? I detenuti prima di tutto. E poi, sanguinosamente, il nostro Stato di diritto, che ne esce a pezzi. Sembra proprio – dicevamo all’inizio – di essere tornati ai tempi dei tribunali speciali. Cos’altro sono, questi, se non tribunali speciali?
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