Il bilancio
Decreto semplificazioni, spunta la norma salva de Magistris ma che imbarazza il PD
Ora è chiaro perché a un certo punto il Pd ha smesso di chiedere il dissesto al Comune di Napoli. A Roma bolliva qualcosa in pentola, ma se n’è accorto tardi, a cose fatte. Lo si capisce grazie a un articolo apparso ieri sul Sole 24 Ore che spiega bene cosa succederà fino al giugno dell’anno prossimo, cioè fino a quando è previsto che resti in carica de Magistris. In sostanza, mentre qui a Napoli il Pd dava l’impressione di voler mettere il sindaco alle corde, il governo giallorosso aveva già trovato il modo per toglierlo dagli impicci. Come? Con una “leggina” inserita nelle bozze del decreto Semplificazioni. Il giornale della Confindustria riporta oggettivamente che la norma, intitolata genericamente alla “stabilità finanziaria degli enti locali”, ha l’obiettivo ufficiale di prorogare alcune scadenze per i Comuni in crisi a causa della «straordinaria emergenza sanitaria». Subito dopo, però, fa notare che il secondo comma si preoccupa «di sospendere fino al 30 giugno 2021 la possibilità per la Corte dei conti di imporre il dissesto ai Comuni che hanno riformulato il piano di riequilibrio tra il 31 dicembre 2017 e il 31 gennaio 2020».
E questa è la chiave del giallo. Il giornale non dice che tra i Comuni c’è anche Torino, amministrata dai Cinquestelle, il che può costituire una pista per risalire alla paternità del provvedimento. Ma questo è un dettaglio che tornerà comodo per le polemiche anti-nordiste. Dice però che la norma riguarderà di sicuro Napoli, e noi sappiamo che porterà inevitabilmente, oltre alla firma dei grillini, anche quella del Pd. Per Napoli l’effetto è evidente. Dissesto? Non dissesto? Se ne riparlerà tra un anno, con tutto comodo, nonostante il no dei giudici contabili. Nel frattempo, si dirà che la norma salverà le città in genere, non de Magistris. Ma non è così. Tra un anno, infatti, de Magistris non ci sarà, mentre è certo che – stando così le cose – resterà il buco in bilancio. Vuol dire che chiunque prenderà il posto del sindaco non avrà le risorse per nulla: né per il welfare comunale, né per i servizi, né per l’assistenza ai disabili, né per potare gli alberi.
Ecco perché per ora la norma di cui si parla salva solo il sindaco e non Napoli. Per la città, il problema resta aperto e tutto dipenderà da chi, come e quando deciderà di risolverlo. Una soluzione – per alcuni, l’unica – è di chiedere allo Stato di ripianare il debito, così come ha già fatto in passato, cioè trasferendolo interamente sulle spalle della fiscalità generale. Ma a questo punto sarà difficile fare distinzioni tra i Comuni virtuosi, quelli che hanno già cominciato a rientrare nel debito con tagli alle spese e maggiori entrate, e quelli che il problema dell’equilibrio di bilancio non se lo sono mai posto (solo ieri, tanto per intenderci, il Comune di Napoli ha annunciato di “motorizzare” il servizio riscossioni). In ogni caso, non sarà facile far digerire una pillola del genere ai contribuenti italiani; e farlo, per giunta, nel pieno di una campagna elettorale: oggi per le regionali, domani per le comunali.
Resta un altro problema. Se ci sarà la sospensione del giudizio sui conti di de Magistris, che valore avrà il prossimo voto sul bilancio? Probabilmente nessuno. E resta, infine, l’imbarazzo del Pd su tutta questa vicenda. Prova ne è quanto è successo a Nicola Oddati, membro della segreteria nazionale. Il 2 luglio, al Mattino, ha dichiarato solenne: «De Magistris compia un gesto di responsabilità e dichiari il dissesto». E nessuno ha avuto dubbi sul senso tecnico-finanziario di questa frase. Ieri, invece, sempre al Mattino, si è sommessamente corretto: «Naturalmente, non chiedevo il dissesto tecnico, ma segnalavo che Napoli è al dissesto politico…” Nel frattempo era spuntata fuori la norma salvifica. Se ne può dedurre che il Pd nazionale non sa cosa combina il Pd al governo e che il Pd napoletano non sa cosa combinano entrambi e come venirne fuori. Il che non depone bene per il futuro.
© Riproduzione riservata