Decreto sicurezza, emergenze fasulle create nelle trasmissioni tv e la criminalizzazione della cannabis light (senza basi scientifiche)

Il ddl sicurezza è stato approvato alla Camera. Ed è un provvedimento che per genesi e sviluppo, e soprattutto per contenuto, deve preoccupare tutti rispetto alla salvaguardia dei diritti di libertà delle persone in uno stato democratico moderno.
Il punto di partenza è la creazione di emergenze fasulle attraverso la narrazione in trasmissioni di prima serata di situazioni senza dubbio sgradevoli, ma certo non numericamente idonee a costituire motivo di allarme sociale, le cui vittime vengono aizzate e strumentalizzate.

Ddl sicurezza e le emergenze fasulle narrate in prima serata

Le “borseggiatrici”, gli “occupanti abusivi”, le “carceri fuori controllo”. Tutto diviene emergenza purché come tale passi in prima serata; contro ogni dato statistico e scientifico, la politica, sulla spinta delle paure ingenerate, agisce. In qualche caso, addirittura con anticipazioni da parte di alcune solerti Procure. A Milano, uno dei primi provvedimenti del nuovo Procuratore fu la revoca di una circolare che evitava un inutile passaggio in carcere (inutile almeno fino a che ci sarà quell’istituto del codice Rocco che viene ora messo in discussione e che faceva prevalere l’interesse del minore – non della madre – su quello punitivo dello Stato e disponeva il differimento obbligatorio della pena) per le donne incinte o madri di prole di età inferiore all’anno. Che ora, con il ddl sicurezza, finiranno dritte in ICAM, che ha i muri colorati ma resta un carcere, peraltro spesso lontano centinaia di chilometri dagli affetti famigliari delle mamme (ve ne sono solo 4 in tutta Italia). Il diritto dell’infante, dunque, da preminente in termini assoluti (tanto che la Corte costituzionale 260/09 aveva sottolineato come l’eventuale sfruttamento dello stato di gravidanza per commettere reati vada fronteggiato con i rimedi civilistici sulla potestà genitoriale e non certo con il carcere) diventa recessivo rispetto alla prevenzione del crimine.

L’aggravante delle stazioni, la criminalizzazione della cannabis light senza basi scientifiche

Secondo punto: individuati i fenomeni, essi vanno puniti in modo implacabile. Poco importa se con ottime probabilità di future dichiarazioni di incostituzionalità. Una fantasia sorprendente: l’aggravante delle stazioni ferroviarie o metropolitane, l’estensione a dismisura delle ipotesi di reato legate all’accattonaggio, la criminalizzazione della cannabis light senza alcuna base scientifica, persino il divieto di vendere sim agli extracomunitari non in grado di esibire un documento di soggiorno. Nuovi reati, anticipazione della soglia di punibilità in quell’area grigia che rasenta quella del reato di opinione, pene esemplari, divieti di bilanciamento di aggravanti. Il tutto con il chiaro fine di coltivare la narrazione di “Gotham City” e soprattutto dell’emarginazione del diverso, di volta in volta straniero, psichiatrico, tossico, ragazzo sbandato. Purché il bersaglio finisca per colpire il disagio sociale e stipare le carceri. E in carcere ci si deve restare il più a lungo possibile; e allora si alimenta in ogni modo la tensione negli istituti penitenziari con provvedimenti vari (circolare sulle celle chiuse, corpi speciali ad hoc per le rivolte, enfatizzazione di eventi critici e atti di aggressione).

Divieto di protesta

Altro aspetto rilevante: molte delle norme approvate mirano alla repressione di qualsiasi manifestazione di protesta. Si criminalizzano in modo specifico e con pene pesanti reati quali i danneggiamenti nel corso di manifestazioni, si introducono divieti di accesso in luoghi ove vi siano infrastrutture, da rispettare pena revoca sospensione condizionale nel caso di condanne per reati ivi commessi; viene aggravato il blocco stradale con uso del corpo; ancora, vengono approvate norme a tutela delle forze di polizia, con aumenti di pena, divieti di bilanciamento, tutela legale; il reato di imbrattamento diviene gravissimo, vengono persino ritoccate le norme a tutela degli agenti della polizia locale rispetto ad attività di verifica sulla strada. Ed infine, la rivolta in carcere con il nuovo articolo 415bis c.p. (esteso ai CPR), che incrimina il concorso nel reato anche mediante resistenza passiva rispetto all’esecuzione di un ordine. Con il che, anche in carcere, chiunque voglia protestare in modo pacifico non lo può fare. Occorre fermare questo scempio.