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DeepSeek può essere una opportunità storica per l’Europa: abbiamo competenze e risorse per essere finalmente protagonisti
Pechino fa tremare la Silicon Valley, Ue al bivio: regolamentare o svoltare?
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Il terremoto scatenato da DeepSeek nei mercati tecnologici globali – con NVIDIA che ha perso 593 miliardi di dollari di capitalizzazione in una sola seduta – non è solo l’ennesima correzione di mercato. È la prova tangibile che le carte nel settore dell’Intelligenza Artificiale stanno per essere rimescolate radicalmente.
Il nuovo modello DeepSeek-R1 (sviluppato con un budget di appena 6 milioni di dollari, utilizzando i chip Nvidia H800 di fascia media) ha dimostrato prestazioni che rivaleggiano con quelle dei più avanzati sistemi di OpenAI e Google, ma con costi operativi fino a 50 volte inferiori. L’azienda di Hangzhou, guidata dall’ex gestore di hedge fund Liang Wenfeng, ha realizzato quello che molti ritenevano impossibile: democratizzare lo sviluppo di modelli linguistici avanzati.
L’impatto sui mercati è stato immediato e brutale. Oltre al crollo di NVIDIA, l’intero settore tecnologico ha subìto perdite pesanti: Broadcom (-17,4%), Microsoft (-2,1%), Alphabet (-4,2%). Il Nasdaq ha chiuso in ribasso del 3,1%, mentre l’indice dei semiconduttori di Philadelphia è precipitato del 9,2%, registrando la peggiore seduta dal marzo 2020. La reazione degli investitori non è irrazionale. DeepSeek ha dimostrato che è possibile sviluppare IA all’avanguardia senza le mastodontiche infrastrutture dei giganti tecnologici. Come ha sottolineato Marc Andreessen, celebre venture capitalist della Silicon Valley, siamo di fronte a uno “Sputnik moment” dell’IA: un punto di svolta che potrebbe ridefinire gli equilibri del settore.
È qui che l’Europa deve cogliere l’opportunità. Il Vecchio continente, finora concentrato principalmente sulla regolamentazione attraverso l’AI Act, possiede tutti gli elementi necessari per emergere come protagonista in questa nuova fase: centri di ricerca d’eccellenza, ingegneri di talento e un mercato interno vasto e sofisticato. L’approccio di DeepSeek offre una lezione fondamentale: l’ottimizzazione delle risorse e l’innovazione nell’architettura dei modelli possono compensare la mancanza di infrastrutture titaniche. Il team cinese ha aggirato la carenza di chip di ultima generazione attraverso soluzioni ingegneristiche creative, dimostrando che la vera barriera all’ingresso non è tanto il capitale quanto l’expertise tecnico.
L’Europa potrebbe sfruttare questa finestra di opportunità per sviluppare un proprio ecosistema di IA, basato su princìpi di efficienza e sostenibilità. La frammentazione del mercato europeo – spesso vista come un handicap – potrebbe rivelarsi un vantaggio, permettendo la sperimentazione di approcci diversificati e complementari. Le istituzioni europee dovrebbero ripensare la loro strategia: invece di concentrarsi esclusivamente sulla regolamentazione, potrebbero promuovere la creazione di “centri di eccellenza distribuiti”, collegati in rete e sostenuti da un quadro normativo che bilanci innovazione e tutela dei diritti.
Il tempo stringe. La disruption portata da DeepSeek dimostra che il settore dell’IA è ancora giovane e volatile. L’Europa non può permettersi di rimanere spettatrice di una partita che si gioca tra Stati Uniti e Cina. Ha le competenze, le risorse e ora anche un modello da seguire per emergere come terzo polo dell’innovazione nell’IA. La vera sfida non è tecnica ma di visione. Servono meno tavoli di lavoro e più azioni concrete, meno frammentazione e più coordinamento. Il caso DeepSeek ha aperto una breccia nel muro apparentemente invalicabile dei giganti tecnologici. Sta alla Ue decidere se cogliere questa opportunità o limitarsi a regolamentare l’innovazione altrui.
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