Napoli Est: parla il presidente della sesta municipalità Barra- Ponticelli – San Giovanni a Teduccio Alessandro Fucito.
Presidente, che situazione ha trovato al suo arrivo?
«Una situazione molto difficile, di preoccupante immobilismo e di resa dei conti rispetto a un’idea che si aveva di questo territorio anni fa, con progettazioni molto ampie ma che erano basate sull’aspettativa che la spesa pubblica fosse in grado di sostenerle e che le risorse umane fossero adeguate. Non è stato così. Oggi mi ritrovo in un territorio con strutture sportive chiuse, con parchi inagibili, luoghi degradati. Qui mancano i servizi ordinari per i cittadini, c’è una forma di disattenzione perfino ai bisogni primari. Penso al sistema dei trasporti o al fatto che qui non c’è un livello decente di igiene urbano, penso per esempio alla raccolta differenziata che qui è praticata pochissimo».
Quali sono le priorità in agenda?
«Sono tante. La raccolta differenziata è una di queste. Quando non si fa la raccolta differenziata, si decide un luogo nel quale mettere i cassonetti, luogo che diventa una discarica e trascina nel degrado un intero quartiere. Poi c’è la questione degli anziani, qui ci sono tre centri dedicati a loro e sono tutti chiusi. Quindi sto lavorando per capire come far partecipare i cittadini alla riapertura di questi centri, creando così anche occupazione. La stessa cosa penso di fare con le aree verdi, nella nostra municipalità ce ne sono nove, di queste soltanto quattro sono fruibili».
Resta sul tavolo il problema della criminalità che in questa periferia cresce a dismisura.
«C’è una forte questione criminale che si alimenta con il degrado e la mancanza di opportunità. Ma c’è anche un problema di controllo del territorio: è possibile che ci siano le telecamere a via Chiaia per sorvegliare chi si beve lo spritz ai baretti e non ci siano a Ponticelli dove la gente si ammazza? Ovviamente non basta potenziare la presenza di forze dell’ordine, bisognerebbe fare una cerniera tra le associazioni del terzo settore e l’idea di portare qui occasioni di lavoro».
Ieri abbiamo incontrato i residenti dei Bipiani, possibile che centinaia di famiglie debbano vivere in case di amianto?
«La municipalità purtroppo non ha un ruolo risolutivo nelle grandi questioni, lì parliamo di una serie di progetti interrotti nel tempo, iniziati e mai portati a termine. Al di là dei problemi legati alla fattibilità degli interventi, c’è un problema culturale».
Cioè?
«In questo siamo meravigliosi: la gente prima si scandalizza perché ci sono persone che vivono in case di amianto e dopo si scandalizzano pure perché gli diamo una casa. Decidessero per cosa scandalizzarsi, altrimenti non cambierà mai nulla».