Il fallimento di de Magistris
Degrado ambientale e povertà, Napoli tra le città meno vivibili d’Italia
A Napoli si vive male, peggio che in tutte le grandi città italiane. Il capoluogo partenopeo è di nuovo in fondo all’annuale classifica sul tenore di vita delle città stilata da Italia Oggi in collaborazione con l’università romana la Sapienza. Napoli occupa la posizione numero 103 su 107 in graduatoria, un po’ meglio rispetto all’anno scorso quando risultava terzultima: ha fatto un balzo in avanti di due posizioni, ma è considerata comunque una città dove la qualità della vita è molto bassa. Il luogo dove si vive meglio è Pordenone che si aggiudica il primo gradino del podio strappandolo a Trento che, nel 2019, guardava dall’alto tutte le altre città; quella dove si sta peggio, invece, è Foggia, fanalino di coda della classifica.
Qualche tempo fa lo scrittore napoletano Erri De Luca si scagliò contro le graduatorie sulla vivibilità: «Nelle prossime statistiche eliminate Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare». Ma purtroppo anche quest’anno la città deve fare i conti con statistiche che la condannano senza appello. La lista è stata realizzata tenendo conto di otto parametri che misurano la vivibilità oggettiva di un luogo: affari e lavoro (per questa voce Napoli è al 104esimo posto), ambiente (106esimo), reati e sicurezza (100esimo), sicurezza sociale (48esimo), istruzione e formazione (89esimo), sistema salute (24esimo), tempo libero (87esimo), reddito e ricchezza (102esimo).
«In realtà il parametro denominato “ambiente” racchiude in sé anche quello della sicurezza sociale, del sistema salute e del tempo libero – osserva Massimo Pica Ciamarra, architetto di fama internazionale – La qualità degli ambienti urbani incide su tutte le altre voci, la capacità di trasformare gli spazi determina le condizioni di salute, sicurezza e gestione del tempo libero». Napoli occupa il fondo della classifica per quanto riguarda l’ambiente ed è proprio da lì che si dovrebbe partire per migliorare la qualità di vita dei cittadini partenopei. «Napoli è la stessa da decenni – sottolinea Pica Ciamarra – Bisogna partire dai processi di trasformazione, ma purtroppo manca una visione della città che guardi al futuro». Realizzare una “città ideale” costituisce ovviamente un’utopia, ma ci si può andare vicino. «Quando si pensa a un contesto urbano, bisogna avere come bussola la “città dei 15 minuti” – continua Pica Ciamarra – ovvero una città in cui, nel giro di un quarto d’ora, cioè un tempo puramente ideale, si possano trovare tutti i servizi essenziali per i cittadini o, comunque, quei luoghi di condensazione sociale rapidamente raggiungibili a piedi».
Continuando ad analizzare la classifica, la qualità della vita è risultata buona o accettabile in 60 su 107 province italiane. Dai dati emerge che circa il 42,5% della popolazione italiana vive in territori contraddistinti da una qualità della vita scarsa o insufficiente. L’insieme di province caratterizzate da una qualità della vita insufficiente è composto esclusivamente da province dell’Italia meridionale e insulare. Il che significa che la vivibilità di oltre il 60,1% della popolazione residente nel Mezzogiorno è al di sotto di livelli considerati accettabili. Ancora una volta, dunque, il Sud è indietro rispetto al Nord: questo antico divario non sembra attenuarsi. con Napoli che da anni guarda dal basso le altre città e il sindaco Luigi de Magistris che deve fare i conti con il conclamato fallimento della sua amministrazione. «Il primo cittadino è riuscito a far fare a Napoli passi indietro – commenta l’avvocato Gaetano Brancaccio, portavoce dell’associazione Insieme per Napoli – La completa disorganizzazione della macchina comunale da lui è guidata e il malfunzionamento dei servizi di competenza di Palazzo San Giacomo sono sotto gli occhi di tutti. E tra i punti più critici ci sono sicuramente la viabilità e la gestione del trasporto pubblico».
Ma anche l’urbanizzazione del capoluogo partenopeo sottolinea con forza l’inadeguatezza degli spazi cittadini e dei servizi. «Napoli presenta un’urbanizzazione “selvaggia” – dice Brancaccio – e questa è una condizione che pone la città tra quelle con la più elevata densità abitativa». Convinta del flop di Dema anche Edvige Nastri, esponente di Cittadinanza Attiva per Napoli: «I parametri analizzati sottolineano le responsabilità di un’amministrazione comunale che non funziona. A Napoli vivi bene solo se puoi permetterti di utilizzare le tue risorse. E questo è inaccettabile».
Bisogna ripensare completamente la città, dunque, riprogrammandone innanzitutto gli spazi e i servizi. Magari traendo ispirazione dal profumo dei croissant caldi e delle sue conseguenze sulla bontà umana, come suggerito dal filosofo francese Ruwen Ogien: «Dobbiamo pensare a questo – conclude l’architetto Pica Ciamarra – a quanto gli odori, la cura e la funzionalità degli spazi siano capaci di incidere sulla qualità della vita dei cittadini».
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