«Chi non ha memoria, non ha futuro». Lo slogan, passivamente ribadito a sinistra in ogni occasione utile, va ricordato oggi, con Ottaviano Del Turco che si spegne senza che la segreteria del «suo» Pd sembri essersene accorta. I funerali, a Collelongo, sono stati sobri. E dire che il leader sindacale della Cgil, per un tratto segretario del PSI, poi governatore dell’Abruzzo, vittima di mala giustizia e dello scarso garantismo dei suoi, non era stato un semplice iscritto come un altro: avendo preconizzato sin dagli anni Ottanta, nel sindacato, l’unità riformista, figurava nel 2007 tra i fondatori del Pd.

Il silenzio di Veltroni e Schlein

Il suo nome era tra quelli delle cinquanta personalità che sottoscrissero lo storico impegno a unire storie e traiettorie diverse in un grande soggetto unitario. Il Pd del Lingotto, per capirci. Quello guidato da Walter Veltroni. Quello rievocato da Elly Schlein. Entrambi faranno mancare le proprie condoglianze, nel giorno dei funerali. La politica che celebra la memoria a proprio uso e consumo poi si dimentica dei suoi stessi fondatori. «Bisognerebbe ricordare Del Turco nelle sedi istituzionali opportune», suggerisce giustamente Pierferdinando Casini. Del Turco era stato senatore, e se arrivano le condoglianze del presidente La Russa, non così la disponibilità ad ospitarne la camera ardente. Idem per la Camera.

Del Turco chi?

Dal Nazareno fingono quasi di non conoscere l’ex leader. Dalla Cgil arriva un messaggio di vicinanza al figlio Guido, firmato Maurizio Landini. Poi più niente. La sede sindacale di Corso Italia a Roma, che aveva ospitato regolarmente le camere ardenti per gli ex segretari generali e segretari generali aggiunti, stavolta fa eccezione. Per il Psi va a Collelongo Bobo Craxi. Per il Pd, il deputato abruzzese Michele Fina, che non tutti conoscono. I messaggi sul Whatsapp dei famigliari di Del Turco sono tanti, anche di gente semplice, di militanti. Ma a quelle esequie mancano tre cose: lo Stato, il sindacato, il partito.

La memoria che non c’è

Proprio come in una radiografia dell’Italia malata del nostro tempo, dove si faticano a riconoscere i ruoli, a inquadrare le storie, a definire con nitidezza le funzioni. Dove gli influencer dei brand parlamentari – difficile definirli leader – si precipitano a elogiare medaglie olimpiche e successi tennistici, ma poi si tengono lontani dal campo della grande politica, forse per timore di confronti. «Che dio maledica gli ipocriti e i buoni con le zanne!», taglia corto Fabrizio Cicchitto. Cosa rimane di una politica che non ha più memoria, non ha più cuore, non ha più fegato? Davanti al corpo di Ottaviano Del Turco, viene da dire, i veri morti sono loro. Loro che – come spesso ripetono – non avendo memoria, non avranno futuro.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.