La scorta del meloniano sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro avrebbe delle procedure operative quanto mai ‘originali’. È quanto emerge dallo stesso sottosegretario sentito nei giorni scorsi dai magistrati di Biella sulla ormai celebre vicenda dello sparo di Capodanno nei locali della Pro Loco di Rosazza. Interrogato dai pm, Delmastro ha fornito una ricostruzione sul momento in cui Luca Campana, genero del suo capo scorta Pablito Morello, venne ferito da un colpo di pistola esploso dal revolver di Emanuele Pozzolo, deputato poi sospeso di Fratelli d’Italia e attualmente unico indagato. Intervistato da Repubblica il giorno dopo l’accaduto, Delmastro aveva precisato che era “a 200 metri di distanza dalla Pro Loco, stavo portando in auto le buste con gli avanzi della cena”.Davanti alla pm Paola Francesca Ranieri, Delmastro ha invece cambiato registro: “Ero fuori con due conoscenti di mia figlia, ho solo sentito il rumore dello sparo e ho pensato fosse un petardo. Poco prima avevo caricato la mia macchina, ero risalito e mi stavo trattenendo a fumare una sigaretta con gli amici di mia figlia, dopo il petardo non mi ero allarmato particolarmente e ho terminato la sigaretta per poi rientrare e rendermi conto di ciò che era successo”.

La ricostruzione

In altre parole, sarebbe stato appena fuori dai locali della Pro Loco e non a duecento metri di distanza come riferito nell’intervista a Repubblica. “Stavo raccogliendo il cibo avanzato per andare via – aveva affermato nell’intervista -, avevo quattro buste da portare in auto. Dalla Pro Loco alla macchina saranno 200 metri. Ero uscito con le prime due. Ritorno indietro per prendere le altre due e sento la moglie di quello che è stato ferito, che poi è il marito della figlia di uno della mia scorta, che grida ‘un botto… un botto’. Mi si gela il sangue e cerco di capire”. E alla domanda su cosa avesse fatto, Delmastro aveva così risposto: “Ho pensato che fosse esploso un petardo… e invece sento la moglie che dice ‘ma allora non hai capito… era un colpo di pistola’. La mia scorta voleva che andassi via subito, ma io ho detto che volevo sapere cosa fosse successo al ragazzo e sincerarmi della sua situazione”.Ma oltre questo aspetto, non è chiaro il ruolo della scorta, assegnatagli dopo le minacce ricevute dagli anarchici bombaroli legati ad Alfredo Cospito. Delmastro, infatti, si sarebbe allontanato per ben 200 metri dalla Pro Loco di notte ed al buio senza di essa.

Una situazione “protetta e tranquilla”

Dei quattro agenti di scorta, tutti appartenenti alla polizia penitenziaria che gli sono stati assegnati dal Dipartimento, nessuno era con lui quando all’una e mezza del primo gennaio è partito il proiettile che ha ferito Campana ad una coscia. Il sottosegretario ha giustificato la circostanza sottolineando che si trattava di una situazione “protetta e tranquilla” che gli aveva fatto lasciare i due agenti di scorta all’interno dei locali della Pro Loco. Uno di essi, il capo scorta Morello, era vicino a Pozzolo al momento dello sparo, l’altro invece nella cucina secondaria.“Siamo saliti a Rosazza in quattro, alle ore 18. Noi quattro siamo i componenti effettivi della scorta di Delmastro. Quella sera però, siccome si trattava di una festa privata con un livello di pericolo basso o nullo, siamo rimasti con il sottosegretario esclusivamente io (che sono responsabile del servizio) e Salvatore Mangione. Abbiamo così fatto rientrare i colleghi di supporto”, aveva raccontato Morello ai pm. A Rosazza all’inizio della serata erano state avvistate due auto blindate della scorta, parcheggiate per la strada, e dopo invece soltanto una. “Una macchina – ha sottolineato il capo scorta di Delmastro – è andata via con i due poliziotti e sarebbe dovuta tornare per gli spostamenti finali, alla fine della festa”. Morello aveva fatto poi una precisazione: “Quella sera io e Mangione eravamo in servizio e pertanto a tutti gli effetti come ufficiali di pg. Anche dopo il fatto abbiamo svolto funzioni di polizia giudiziaria”.

Il ruolo di Morello

Sul ruolo di Morello e sulle sue abilitazioni, il senatore di Italia viva Enrico Borghi ha presentato una interrogazione parlamentare.C’è da chiarire se Morello fosse abilitato, come facilmente riscontrabile dal suo stato di servizio, ai servizi di scorta ma svolgeva attività diverse, oppure non era abilitato e svolgeva lo stesso il servizio di scorta in virtù della comune militanza politico-sindacale con Delmastro.Sul punto era intervenuto anche il Guardasigilli Carlo Nordio affermando che le scorte dipendono del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e non dal Ministero della giustizia, respingendo così i sospetti che Delmastro in qualche modo si fosse ‘scelto’ i suoi angeli custodi fra gli amici di partito. Era stato comunque proprio Morello, non appena sono arrivati i carabinieri di Vigliano Biellese e di Andorno Micca, a mostrare ai militari dove fosse l’arma che aveva messo in sicurezza, dopo che il figlio l’aveva raccolta dal pavimento. “È stato Pozzolo a sparare”, ha detto fin da subito Morello. Pozzolo ha però sempre respinto ogni accusa: “Non sono stato io, non sono un pistolero: è una manovra contro di me”, garantendo che spiegherà tutto ai magistrati. Anche se finora, davanti ai pm, non ha chiarito proprio nulla di questa storia, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Un giallo sempre più fitto che, per rispetto alle Istituzioni, andrebbe risolto quanto prima.