Le dichiarazioni rilasciate del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro in occasione della presentazione di una nuova auto per il trasporto dei detenuti (“è una gioia sapere che chi sta dietro quel vetro non lo lasciamo respirare”) sono raggelanti. Addirittura indegne, se solo si pensa che a pronunciare quelle parole è un uomo dello Stato e, per di più, avvocato.

Gongolare per la realizzazione di un nuovo blindato in uso alla polizia penitenziaria, dalle caratteristiche – stando almeno al pubblico giubilo manifestato da Delmastro – non conformi a quel trattamento di umanità che deve comunque essere riservato ai detenuti, molti dei quali in attesa di giudizio e, come tali, presunti innocenti, significa non solo calpestare i più elementari principi di civiltà ma anche ignorare la lettera e lo spirito della nostra Costituzione.  Trattandosi di un rappresentante del governo, tuttavia, anche il piano severo dei biasimi non basterebbe, dal momento che le improvvide parole del sottosegretario ne segnalano l’insanabile inconciliabilità In con la funzione svolta, la carica ricoperta ed il governo di cui fa parte.

Il programma politico del governo Meloni è infatti del tutto estraneo ai sentimenti manifestati da Delmastro, ragion per cui è lecito chiedersi come sia conciliabile la sua posizione con le battaglie garantiste di cui il ministro Nordio si è reso portavoce ed il governo fautore. Ci riferiamo soprattutto alle tante iniziative messe in cantiere, a cominciare dalla riforma sulla separazione delle carriere, quelle sì in grado di dare piena attuazione al dettato costituzionale. E, allora, come conciliare una così epica battaglia liberale con le dichiarazioni del sottosegretario? Non si può. E, purtroppo, non si tratta neanche della prima volta. Il sottosegretario, nel corso di questi due anni, ha spesso manifestato il proprio personalissimo sentimento di violenta e irriducibile avversione verso i valori costituzionali, mettendo in imbarazzo il governo e, innanzitutto, la premier Giorgia Meloni.

Ci spiace davvero doverci unire al coro di chi, dalle opposizioni, invoca le dimissioni – la destituzione – del sottosegretario ma saremmo pavidi e ipocriti se non dicessimo chiaramente che egli si è più volte mostrato incompatibile con l’esercizio della funzione mentre sarebbe sicuramente molto più a suo agio in un’epoca in cui la giustizia si basava su vendetta, faida e capri espiatori. Da allora sono passati secoli ed uno dei maggiori contributi di pensiero alla conquista della giustizia giusta pensa e parla italiano e risponde al nome di Cesare Beccaria.

Ecco: il governo deve scegliere tra il grande giurista milanese ed il goffo sottosegretario piemontese, sapendo che solo il primo ci trattiene nei binari di uno stato diritto. Il secondo, al contrario, ci riporta al tempo della caverna e della clava.