Sul Covid la politica decide di non decidere
Dema spara a salve e a De Luca s’inceppa il lanciafiamme

Siamo abituati a vederli contrapposti o, meglio, a vedere il gigantismo dell’uno contrapposto all’incosistenza dell’altro. Eppure il presidente campano Vincenzo De Luca e il sindaco napoletano Luigi de Magistris sono più simili di quanto non suggeriscano certe azioni e dichiarazioni. Lo dimostrano le loro ultime prese di posizione sul Covid. Preoccupato dall’ennesima impennata dei contagi, il governatore ha puntato il dito contro il «Paese in cui i controlli si sono ridotti a zero» e chiesto «misure nazionali di prevenzione e contenimento» in vista delle giornate di San Valentino e di Carnevale.
Dal canto suo, il primo cittadino partenopeo ha ricordato come sulla scuola si sia consumato «il fallimento della Regione» e quanto sia necessario «agire in modo chirurgico e preciso», dimenticando però di aver fatto poco o nulla per contribuire a una ripresa delle lezioni in presenza più o meno sicura. Insomma, l’apoteosi della deresponsabilizzazione: due amministratori pubblici decidono di non decidere e, in attesa che qualcuno intervenga al posto loro, non sanno fare di meglio che azzuffarsi. Eppure De Luca, soprattutto nella prima fase della pandemia, ci aveva abituato a una strategia completamente diversa. Quale? Quella del lanciafiamme, cioè delle misure anti-contagio puntualmente più restrittive e adottate in anticipo rispetto a quelle del governo Conte.
Il dpcm consente di non indossare la mascherina all’aperto se si è “a distanza di sicurezza” da altre persone? De Luca obbliga a indossarla sempre e comunque. Il dpcm dispone la didattica integrata a distanza? De Luca chiude le scuole. La sensazione è che il governatore abbia usato la politica del lanciafiamme fino a quando quest’ultima gli ha pagato ricchi dividendi in termini di consenso. Quando i campani si sono ribellati all’ennesima minaccia di lockdown, a fine ottobre, e il Tar ha ordinato l’immediata riapertura delle scuole, a metà gennaio, il lanciafiamme si è inceppato. Il risultato? Dopo aver affidato a sindaci e prefetti la decisione sull’apertura delle scuole, ora De Luca chiede al Governo nazionale di adottare misure restrittive in vista di San Valentino e di Carnevale, scaricando su altri il peso di decisioni draconiane che fino a qualche mese fa non ha esitato a prendere e che potrebbe continuare ad adottare.
Dall’altra parte c’è de Magistris che reclama l’addio alla didattica a distanza e l’apertura dei ristoranti h24 nelle zone gialle ma, preso com’è dalla campagna elettorale in Calabria, non riorganizza gli orari di scuole e uffici pubblici napoletani né ordina controlli per evitare assembramenti sul lungomare durante i fine settimana. Solo chiacchiere, in altre parole. Eppure altri sindaci si danno da fare. Clemente Mastella, a Benevento, ha vietato gli assembramenti dalle 18 alle 22 nei weekend. Il suo collega di Castellammare, Gaetano Cimmino, ha chiuso le scuole e anticipato il coprifuoco alle 18.
Queste misure possono non piacere (e al Riformista, convinto che le chiusure indiscriminate non debbano essere l’unica risposta al Covid, non piacciono), ma sono il segno di amministratori capaci di decidere a costo di risultare impopolari. Il governatore campano e il sindaco di Napoli fanno il contrario, tra l’altro in un momento in cui il Governo nazionale è dimissionario e gli italiani hanno bisogno di una guida autorevole ed equilibrata. È facile amministrare quando si hanno “le spalle coperte”, meno quando c’è da esporsi al massimo livello. Vero, De Luca? Vero, Dema?
© Riproduzione riservata