I cittadini francesi qualche mese fa hanno invaso le strade di Parigi per protestare contro l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni. Sebbene l’opposizione alla riforma da parte di alcune categorie fosse prevedibile, ciò che può lasciare sopresi è la presenza di tantissimi giovani alle proteste. Come più volte evidenziato da Emmanuel Macron, la riforma è risultata necessaria al fine di garantire la sostenibilità del sistema pensionistico francese, anche nell’ottica di proteggere i giovani di oggi dall’impatto che le attuali tendenze demografiche, ossia un basso tasso di fertilità unito ad un’alta aspettativa di vita, avranno sulle finanze pubbliche.

Dovremmo preoccuparci di queste tendenze demografiche anche in Italia? La risposta è sì. L’attuale sistema pensionistico italiano si basa su un meccanismo di finanziamento a ripartizione in cui i contributi previdenziali della popolazione in età lavorativa vengono utilizzati per pagare le pensioni, richiedendo quindi un equilibrio tra numero di lavoratori e pensionati. Questo equilibrio, però, è minacciato da due tendenze. Da un lato, l’aumento dell’aspettativa di vita porterà ad un incremento nel numero di soggetti che necessitano pensioni per un periodo sempre più prolungato. Ad oggi l’aspettativa di vita in Italia risulta essere global-mente di 82,6 anni, ma arriverà nel 2070 a 86,5 anni per gli uomini e 89,5 per le donne.

D’altra parte, il numero di adulti in età lavorativa (tra i 15 e 64 anni) per ogni persona anziana sta diminuendo. Si stima che nei prossimi 20 anni, l’Italia perderà 6,8 milioni di lavoratori arrivando nel 2050 ad avere un rapporto tra lavoratori e pensionati di 1:1. Tale situazione è indubbiamente conseguenza di un basso tasso di fecondità, il quale al momento risulta essere di 1,24 figli per donna. Tale indicatore risulta quindi ben al di sotto del tasso di sostituzione naturale della popolazione di 2,1 figli. Ad aggravare la situazione si aggiunge un’alta emigrazione giovanile: tra il 2012 e il 2021, oltre 337mila giovani, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, hanno deciso di espatriare dall’Italia.

In sintesi, lo Stato si troverà a dover spendere più soldi in pensioni a fronte di minori contributi previdenziali incassati, portando a una situazione in cui parte della spesa pensionistica dovrà essere coperta dalla fiscalità generale. Il rapporto della Ragioneria Generale dello Stato 2022 evidenzia che l’aumento della spesa pensionistica tra il 2022 e il 2070 farà crescere il debito italiano di 29,4 punti percentuali di Pil, di cui una buona parte, circa 17,1 punti, sarà dovuta al peggioramento del quadro demografico. Il problema dunque, nonostante sia elettoralmente scomodo, esiste. Una mancata presa di coscienza della situazione inevitabilmente creerà una situazione in cui le promesse elettorali di oggi graveranno sulle spalle degli adulti di domani rallentando anche lo sviluppo economico del nostro Paese.

Carola Frattini

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