Dentro la logica del CSM: difende l’abuso d’ufficio ma archivia i magistrati denunciati

Sembra che il CSM abbia avuto una certa fretta ad archiviare tutti i procedimenti riguardanti i magistrati denunciati per il reato di abuso d’ufficio, assumendo una decisione “liquidatoria” in apparenza incompatibile con le critiche mosse al Governo dallo stesso CSM sul tema della legittimità dell’abrogazione del reato. Cerchiamo di fare ordine.

Il primo dato curioso è rappresentato dal fatto che la questione di legittimità costituzionale della norma che ha abrogato l’art. 323 del codice penale è stata sollevata dal Tribunale di Firenze nell’ambito di un processo proprio a carico di un magistrato, imputato di abuso d’ufficio per avere, in ipotesi di accusa, emesso un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di quote di una società al fine di impedire l’erogazione di finanziamenti e favorendo altri nel progetto di acquisizione.

I procedimenti archiviati

Malgrado l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, il CSM ha archiviato i procedimenti per incompatibilità ambientale di una ventina di magistrati sottoposti ad indagini in procedimenti penali, archiviati dal GIP a seguito della soppressione del reato di abuso d’ufficio.
Una prima considerazione attiene ai rapporti tra l’abuso d’ufficio e gli illeciti disciplinari previsti per i magistrati. Se la fattispecie di abuso d’ufficio è sparita non significa affatto che non residuino profili di rilevanza disciplinare nella condotta del magistrato che ha agito in violazione di legge, sviando il potere legittimo al fine di procurare un danno a terzi oppure ottenere un indebito vantaggio per sé o per altri. Anzi, gli stessi sostenitori dell’abolizione del reato hanno utilizzato come principale argomento l’opportunità di mantenere e semmai rafforzare un sistema normativo capace di arginare il rischio di abusi da parte dei pubblici ufficiali, attraverso la declaratoria dell’illegittimità dell’atto e l’accertamento delle responsabilità disciplinare. La tutela del cittadino dovrebbe essere garantita dalla giustizia amministrativa e disciplinare.

Per esempio, la violazione del dovere di imparzialità che ha arrecato un ingiusto danno o un indebito vantaggio ad una delle parti è un illecito disciplinare che permane nell’ordinamento giudiziario ed è in gran parte sovrapponibile, nella struttura normativa, al reato di abuso d’ufficio, oggi “defunto” salvo che venga resuscitato dalla Corte Costituzionale. Lo stesso discorso vale per la consapevole inosservanza dell’obbligo di astenersi, i comportamenti scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni. Vediamo se accadrà (abbiamo molti dubbi in merito) ma l’archiviazione da parte del CSM in astratto non preclude il potere e il dovere della Sezione Disciplinare di valutare i risvolti deontologici dei fatti denunciati e lo stesso CSM ha l’obbligo di comunicare al Ministro della Giustizia e al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare.

Il passaggio politico

Semmai l’archiviazione repentina dei procedimenti pendenti avanti al CSM, malgrado la pendenza della questione di legittimità costituzionale, può apparire incoerente con il parere espresso al Ministro della Giustizia nel febbraio di quest’anno sull’ipotesi di abrogazione del delitto di abuso d’ufficio. In quella relazione il CSM anticipava tutti gli argomenti contrari alla soppressione del reato, successivamente ripresi e sviluppati dal Tribunale di Firenze nella prospettiva di sostenere la non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalità. In particolare, già in quella sede il CSM segnalava il rischio di violazione della Convenzione di Merida che, come noto, obbliga gli Stati firmatari ad esaminare l’adozione delle misure legislative per conferire il carattere di illecito penale alle condotte del pubblico ufficiale di abuso delle proprie funzioni e della sua posizione. Inoltre, profilava persino una questione di illegittimità costituzionale “futuribile”, completamente priva di attualità, richiamando una proposta di direttiva del Parlamento Europeo risalente al maggio del 2023 che prevedrebbe l’obbligo degli Stati membri di introdurre il reato di abuso d’ufficio. Ancora più “politico” è il passaggio della relazione in cui vengono letti criticamente i dati illustrati dal Governo secondo cui, per esempio, nel 2022 a fronte di 3.938 iscrizioni nel registro degli indagati sono stati archiviati 3.536 procedimenti per abuso d’ufficio.

Abuso d’ufficio, le denunce che rischiavano di paralizzare l’attività

È il fenomeno ben noto che vedeva un numero significativo di denunce penali, che rischiavano di paralizzare l’attività amministrativa e politica, a cui seguiva uno sparuto numero di processi e di condanne. Del resto, l’abuso d’ufficio era essenzialmente uno spauracchio per suscitare il “terrore della firma” e raramente un presidio a tutela del cittadino. Secondo il CSM il rischio della “burocrazia difensiva” si ridurrà ulteriormente grazie alla modifica del criterio di giudizio che consente oggi l’archiviazione in caso di prognosi negativa di condanna. Insomma, per il CSM esisteva già una magnifica soluzione processuale, di cui invero conosciamo l’assoluta inconsistenza, e non era proprio il caso di abrogare la norma penale. Più che le archiviazioni un po’ affrettate c’è da preoccuparsi del ruolo “politico” del CSM che anziché esprimere pareri tecnici sui disegni di legge concernenti “l’amministrazione della giustizia”, come prevede la Legge n. 195/1958, esprime pareri di politica del diritto penale con buona pace, ancora una volta, del principio della separazione dei poteri. E sul fronte associativo, la musica è la stessa ma solo con uso più massiccio di percussioni. Il Presidente di ANM Giuseppe Santalucia si è spinto a dire che “l’abrogazione del reato, di fronte a una denuncia, costringerà il pm a trovare nel sistema una norma diversa con cui poter far luce su quanto avvenuto”. Insomma, da qualche parte la norma penale la troveremo, sereni!