E’ morto a 18 anni nella cella dove era recluso in seguito ad un incendio che ne ha carbonizzato buona parte del corpo. Ancora una dramma nelle carceri italiani, sempre più dimenticate dal governo italiano che da tempo si limita ai soli proclami salvo poi approvare decreti, come quello Caivano e, appunto, Carceri, che aumentano le possibilità di tutti noi di finire in cella.

Nel frattempo tra suicidi (77 tra detenuti e agenti), decessi, casi di malasanità e sovraffollamento, nei penitenziari italiani la situazione è disumana. L’ultimo dramma si è verificato nelle scorse ore a San Vittore dove un detenuto di origini egiziane di 18 anni (arrestato per rapina) è morto carbonizzato nella cella che condivideva con un’altra persona. La vittima si chiamava Joussef Moktar Loka Baron e, secondo una prima ricostruzione, pare che l’incendio sia stato appiccato dai due carcerati. Gli inquirenti stanno verificando l’ipotesi del suicidio.

I numeri del dramma, a San Vittore più del doppio dei detenuti

“Un’altra morte che si aggiunge ai 70 detenuti e ai 7 agenti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno in quello che sempre più appare come un bollettino di guerra” secondo Gennarino De Fazio, Segretario Generale del sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria. “Quanto accaduto a San Vittore mette ancora una volta a nudo la crisi senza precedenti del sistema penitenziario. Nel carcere sono letteralmente stipati 1.100 detenuti a fronte di 445 posti disponibili – afferma -, con un sovraffollamento di oltre il 247%, sorvegliati da 580 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, distribuiti su più turni e compresi gli addetti agli uffici e ai servizi vari, rispetto a un fabbisogno di almeno 700 persone, con una scopertura del 17%”.

De Fazio chiede di “deflazionare la densità detentiva, potenziare il Corpo di polizia penitenziaria” e di “assicurare l’assistenza sanitaria e psichiatrica. E poi va riorganizzato l’intero sistema. Altrimenti, nostro malgrado, con necrologi quotidiani continueremo a contare le morti che non possono non avere dei responsabili, non solo morali”, conclude De Fazio.

Delmastro e la sigaretta in carcere

Chissà cosa farà adesso Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia del Governo Meloni, immortalato poche settimane fa in un penitenziario pugliese mentre fumava dove non era consentito. Il fedelissimo di Giorgia Meloni rappresenta, già protagonista della raccapricciante vicenda dello sparo di Capodanno e del caso Cospito (dove è imputato per rivelazione di segreto d’ufficio), è l’emblema del disinteresse di questo governo, ministro Nordio compreso, per quello che succede dietro le sbarre. Prima di ferragosto, nel corso del suo tour nei due penitenziari pugliesi, Delmastro incontrò solo gli agenti di polizia penitenziaria, disinteressandosi dei detenuti e delle condizioni, spesso disumane, di reclusione.

 

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.