Morra revoca la consulenza concessa
Di Donna inguaia Conte: il ruolo dell’amico dell’ex premier tra consulenze all’Antimafia, appalti e ‘Responsabili’
Il caso Conte-Di Donna si infittisce ogni ora che passa. Per le circostanze inquietanti che via via si stanno acclarando. Per l’entità degli affari su cui era richiesta una percentuale. Per le tante domande aperte, che più si moltiplicano e più rimbalzano contro un muro di gomma, a partire dalle discrepanze tra le ricostruzioni. Da una settimana la Procura di Roma sta coordinando una indagine per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite nei confronti di Luca Di Donna. Si parla di 160 milioni di mascherine che l’imprenditore Giovanni Buini doveva produrre e che dovevano essere acquistate dalla struttura commissariale di Arcuri, con una commissione dell’8% per l’intermediazione.
L’avvocato 42enne è tra i collaboratori più stretti di Guido Alpa e dunque, per quella proprietà transitiva che tutti a piazza Cairoli numero 6 ben conoscono, di Giuseppe Conte. Della collaborazione stretta e continuativa dei tre giuristi è facile trovare riscontro. Nel contesto ordinistico e accademico romano c’è evidenza di almeno una dozzina di articoli scientifici, pubblicazioni, atti di convegni in cui le tre firme di Alpa, Conte e Di Donna compaiono insieme come coautori, correlatori, colleghi di studio sugellati in un inossidabile sodalizio. Adesso che l’amico è finito nei guai, dopo la denuncia dell’imprenditore umbro Giovanni Buini, che non voleva sottostare alla “clausola dell’otto per cento”, l’ex premier Conte afferma di aver perso da tempo le tracce di Di Donna. Non ne ha notizie da quando è diventato premier, addirittura. «Non so nulla delle sue attività professionali», ha dichiarato il leader del M5s. Peccato che proprio il Movimento ne abbia voluto la nomina a consulente della Commissione parlamentare antimafia nell’estate 2020.
Quando Conte era premier, sì, ma già non sapeva più nulla dell’ormai ex amico. Perché tutta questa storia avviene, è la versione ufficiale, a insaputa di Giuseppe Conte. L’avvocato Di Donna telefonava a nome di Conte, ma Conte non ne ha mai saputo niente. Quello organizzava riunioni presso lo studio legale con la targa Avvocato Giuseppe Conte, ma Conte non ne sapeva niente. Anche quando Luca Di Donna fa chiamare qualche senatore a nome di Conte, chiedendo di votare l’indomani la fiducia in aula, Conte non ne sapeva nulla. E quando Luca Di Donna invita presso lo studio legale per la firma di un contratto di consulenza e intermediazione Giovanni Buini, e gli fa trovare il generale Enrico Tedeschi, capo di gabinetto dell’Aise, apparato di sicurezza dedicato all’intelligence verso l’estero, il premier Conte, che delle nomine nei servizi segreti si stava occupando in quelle settimane, non ne sapeva niente. Gliel’hanno fatta proprio bene, tutto alle spalle dell’allora presidente del Consiglio. Tutti: lo studio legale, gli amici di sempre, perfino qualcuno al vertice dei servizi.
Una vicenda tutta da approfondire e da verificare, nell’interesse stesso di Conte di cui si può immaginare lo stato d’animo. Tradito dai suoi stessi collaboratori, lui che proprio in quel frangente lavorava alla promozione del generale Vecchione a capo del Dis. Intanto la nomina di Di Donna alla commissione antimafia, adesso che lo scandalo è pubblico, è stata revocata in tutta fretta dal presidente della commissione, Nicola Morra. I Cinque Stelle fanno marcia indietro, adesso. «Di Donna revocato a tutela di tutti», twittano sollevati. Ma le accuse nei confronti dell’assistente di Alpa sono gravissime e se Conte non riesce a ricordare neanche più l’ultima volta che lo ha visto, tornerebbe utile quell’iniezione di fosforo che solo una commissione di inchiesta potrebbe dare. «Conte nega eppure viene fuori che è stato indicato dai grillini», chiede conto la vicepresidente dei senatori di Italia Viva, Laura Garavini. «Serve un momento di chiarezza sul ruolo di Di Donna all’interno del M5s e nei rapporti con l’ex presidente del Consiglio. Siamo di fronte a una persona che, se fossero confermate le indagini, aveva le mani ovunque: dall’antimafia agli appalti, dalla costruzione dello sfortunato gruppo dei responsabili per Conte sino a quella del nuovo corso del M5s guidato dall’ex premier. Troppa opacità, serve chiarezza», dice Garavini.
Il Riformista prova a ricostruire gli eventi ai quali fa riferimento la denuncia di Giovanni Buini; ci sarebbe stato un primo incontro nello studio dell’avvocato Gianluca Maria Esposito, coindagato, quindi un incontro successivo – presso lo studio Di Donna – dove Buini si sarebbe trovato di fronte a due generali, tra cui Tedeschi, che è stato già sentito dalla Procura. L’avvocato Esposito fornisce una ricostruzione divergente: «Non ho mai preso parte a nessun incontro con altre persone». Anche se non nega di aver ricevuto Buini nel suo studio su richiesta di un contatto in comune. «Mi contattò Buini per intervento di un cliente che conosco da quindici anni, Stanislao Fella. Buini voleva che il mio studio seguisse la sua società, per lo più per questioni civilistiche come la redazione di contratti. Motivo per cui lo indirizzai da Di Donna che fa civile». Disconosce qualsiasi addebito e smentisce di aver preso parte a riunioni successive. «Stanno raccontando una realtà inesistente», ci dice. È certo che in questa storia, come in ogni vero giallo, più d’uno mente.
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