«Rilanciare gli investimenti in conto capitale, ridurre drasticamente il divario territoriale in termini di infrastrutture puntare su uno sviluppo green e assicurare vantaggi fiscali a chi decide di investire al Sud». Luigi Salvatori, delegato agli affari sindacali dell’Unione Industriali di Napoli, illustra la strategia per attirare l’interesse degli investitori nel Meridione. Il fenomeno del south working ha riportato al Sud 45mila meridionali impegnati nelle aziende del Nord, la sfida adesso è trattenerli qui e convincere le imprese che aprire sedi al Sud è una mossa giusta perché quel territorio è un serbatoio di risorse, opportunità e talenti. Bisogna però creare le condizioni giuste per creare occasioni di investimento e colmare, finalmente, quel divario produttivo tra Nord e Sud.

«Occorre un piano che promuova l’innovazione e la digitalizzazione – spiega Salvatori – e che avvii con incisività strategie di risanamento idrogeologico e ambientale in genere. Se non si procede su questi fronti non si creano le precondizioni per l’attrazione di investimenti privati». Con questi processi, al contrario, potremo calamitare l’interesse di investitori nazionali e stranieri. Ma quali saranno i provvedimenti da adottare? «Bisognerà assicurare vantaggi fiscali per almeno un decennio a chi realizzi nuove iniziative nel Mezzogiorno – dice Salvatori – ma anche garantendo tempi della giustizia e certezza del diritto». Secondo Salvatori, per la svolta è fondamentale utilizzare bene le risorse a disposizione. «Pensiamo ai fondi strutturali – osserva – Ci sono miliardi di euro del vecchio ciclo 2014-2020 che restano inutilizzati in Campania come in tutto il Sud».

Poi bisognerà rivedere anche l’aspetto della formazione. «Non mi riferisco solo alla formazione per creare profili professionali in grado di gestire le trasformazioni in atto in direzione green, sviluppo sostenibile e industria 4.0 – spiega il delegato di Unione Industriali – ma anche per rendere strutturali percorsi formativi che si dispieghino nell’arco dell’intero periodo lavorativo». Qualche giorno fa, invece, il presidente della Confindustria nazionale Carlo Bonomi ha ipotizzato aumenti degli stipendi mirati in base alla produttività nelle varie zone del Paese, più marcati nelle regioni del Nord a sfavore di quelle meridionali. Una sorta di ritorno alle gabbie salariali: i differenziali retributivi per aree geografiche in vigore fino al termine degli anni Sessanta. La proposta nasce dal fatto che i salari reali del Sud sono più alti di quelli del Nord, per cui il costo del lavoro nel Meridione è troppo alto e la disoccupazione sembrerebbe essere generata anche da questo disallineamento tra prezzi e salari.

La riduzione salariale dovrebbe, dunque, comportare una maggiore convenienza ad assumere, quindi a creare occupazione. Le riflessioni si spostano sostanzialmente in due direzioni: per alcuni il ritorno alle gabbie salariali non farebbe altro che aumentare ulteriormente il gap tra Nord e Sud penalizzando i giovani meridionali; per altri, invece, potrebbe essere uno strumento per creare nuovi posti di lavoro. Salvatori ha ancora un’altra visione. «Il presidente Bonomi non ha mai ipotizzato un ritorno alle gabbie salariali – spiega – Ha solo sottolineato che, qualora maggiori livelli di produttività riscontrabili in determinati territori lo consentano, si possono ipotizzare aumenti differenziati, superando i limiti della contrattazione centralizzata».

Salvatori chiarisce poi che «Bonomi, tra l’altro, ha anche rimarcato che il potere d’acquisto dei lavoratori meridionali, al di là di costi della vita formalmente più bassi, viene sminuito in termini reali dalla presenza di diseconomie di ogni genere, a cominciare dalle carenze del sistema sanitario pubblico». In altri termini, Bonomi sarebbe il primo a chiedere il superamento di quel gap che impedisce al sistema socio-territoriale meridionale di esprimere livelli di reddito, consumo e produttività assimilabili ad altre zone del Paese e dell’Europa. «Ed è quella di un’Italia più coesa e meno diseguale – conclude Salvatori – la strada che dobbiamo portare avanti come Unione Industriali Napoli, d’intesa con Confindustria nazionale».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.