L'indagine
Diana Pifferi, i dubbi dopo l’autopsia sulla bimba morta abbandonata in casa: analisi sul biberon
Restano ancora molti i misteri e i punti da chiarire sulla morte della piccola Diana Pifferi, la bimba di 18 mesi trovata senza vita mercoledì 20 luglio nell’abitazione della madre Alessia a Milano in via Parea, lì dove la donna l’aveva abbandonata per sei giorni così da poter raggiungere il compagno a Leffe, in provincia di Bergamo.
Dai primi esiti dell’autopsia non è emersa alcuna causa evidente della morte: saranno decisivi dunque gli ulteriori accertamenti che ha già disposto la Procura e che sono attesi nelle prossime settimane, in particolare per chiarire se la bambina sia stata sedata dalla madre con un ansiolitico.
I primi accertamenti avevano rilevato come Diana fosse morta di stenti almeno 24 ore prima del ritrovamento del cadavere, non avendo cibo o acqua per poter sopravvivere sei giorni, peraltro in assenza di un adulto.
Una questione dirimente, quella dell’eventuale traccia di benzodiazepine nel latte del biberon, sequestrato e sottoposto ad analisi dalla Polizia scientifica. Nel caso fosse accerta la presenza, all’accusa di omicidio volontario per la 37enne Alessia Pifferi potrebbe aggiungersi l’aggravante della premeditazione.
In ogni caso quello che filtra dalla Procura è che il quadro probatorio è talmente solido che nei prossimi mesi si potrebbe arrivare a una richiesta di processo con rito immediato per omicidio volontario pluriaggravato a carico della donna: le accuse contestate possono portare alla pena dell’ergastolo.
Intanto emergono dettagli sulle condizioni di Alessia Pifferi, che è reclusa in carcere da giovedì scorso. A riferirli è l’Ansa, che spiega come la 37enne sia apparsa “frastornata, a tratti piange e a tratti non si rende conto della situazione”. Pifferi è rinchiusa in isolamento e sotto sorveglianza speciale, per impedire gesti di autolesionismo e possibili ‘vendette’ da parte di altri detenuti.
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