Il podcast del direttore
Dietro l’attentato a Robert Fico: tra odio, violenza e media. Quando la stampa alimenta i malesseri della società
L’attentato a Robert Fico è ancora il tema che fa da sfondo a molti commenti ed editoriali odierni. Bisogna partire da una considerazione: è opportuno che la stampa si calmi.
I media hanno un ruolo devastante e primario nell’imbarbarimento del dibattito pubblico, hanno bisogno come il pane di un linguaggio violento e divisivo per nutrire la bestia dentro ognuno di noi. Tutti hanno un piacere perverso a leggere di scontri ed efferatezze, e anche se nella vita quotidiana siamo le persone più buone e gentili della terra amiamo nutrirci di questa violenza.
Dovrebbero essere loro a mettere il silenziatore su questa esplosione, e dovrebbero ricominciare a svolgere una funzione educativa, pedagogica, mentre invece fanno valere il principio delle vendite a cui il pubblico si abitua e che la politica perpetua per essere a sua volta rilanciata: un orribile cortocircuito difficile da spezzare.
Uno spunto interessante per avviare un discorso diverso, ci viene proprio dalla Slovacchia e da quello che lì si stanno dicendo i politici, i media e le autorità pubbliche dopo l’attentato. La presidente della Repubblica Slovacca Zuzana Čaputová lo ha definito come “un atto individuale maturato in un clima di tensione e di avversione creato da tutti noi”, per poi continuare: “Dobbiamo uscire dalla spirale dell’odio e delle accuse reciproche”. Ma le parole definitive sono state usate dal Ministro dell’Interno slovacco b Sutaj Estok: “Facciamo un appello ai media. Basta scrivere bugie, e lasciar spazio a tesi cospirative. Non versate benzina sul fuoco, smettete di fomentare l’odio”. Lo porterei dalle nostre parti, oggi è il mio eroe.
Dal podcast RifoNews di venerdì 17 maggio
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