In Romania gira una storiella: “Hitler? Ah sì, quel dittatorello dei tempi di Stalin”. Perché è questo il sentire comune dei Paesi dell’Est. Oggi, dopo l’invasione dell’Ucraina, l’allarme è diventato altissimo. E se noi, dal sicuro Occidente, sentiamo di dover presidiare la democrazia, dobbiamo fare lo sforzo di immaginare quale può essere il clima nei territori esposti direttamente alla minaccia russa. Ma il caso di Călin Georgescu, estremista filorusso per ora cancellato dalla politica di Bucarest, interroga tutti noi: i nostri sistemi, i nostri valori. E non solo perché la Romania è un Paese Nato che si affaccia sul Mar Nero e ne copre il fronte orientale. Ma soprattutto perché pone la questione di dove debba spingersi la democrazia per conservare sé stessa. “Difendersi nelle urne o difendersi dalle urne?”, scrive Francesco Battistini sul Corriere della Sera. Già, perché le elezioni in cui Georgescu aveva toccato il 23% dei voti sono state annullate, e il leader putinista è stato incriminato.

Perché bisogna credere nella democrazia

La domanda merita una risposta, perché questi sono i tempi in cui le risposte restano, e fanno la Storia. È chiaro che, proprio come l’Ucraina che resiste militarmente, la resistenza politica e giudiziaria dei romeni coinvolge e interessa tutto il blocco democratico ed europeo. Ma per poter percorrere la strada dell’esclusione dei sodali di Mosca dalle elezioni, non si può fare il processo a TikTok. Si deve agire solo sulla base di prove certe. L’obiettivo non dev’essere impedire a nessuno di crescere nei consensi, e persino di vincere. E non solo perché l’esperienza dimostra che ogni estremismo e ogni populismo nell’azione di governo tendono a stemperarsi. La ragione reale è quella fondante della democrazia: credere in sé stessa, anche a costo di mettere nei posti di comando chi non crede in lei.

Le accuse a Georgescu e le prove da rendere pubbliche

Georgescu è accusato di crimini come azioni contro l’ordine costituzionale, comunicazione di informazioni false, costituzione di organizzazione con carattere fascista, razzista o xenofoba, culto di persone colpevoli di infrazioni di genocidio contro l’umanità e crimini di guerra. E su tutto questo castello incombe lo spettro di sostegno occulto di un Paese straniero e nemico. Questa traccia, però, va dimostrata e resa pubblica. Altrimenti resta un manifesto politico. Un leader che avversa l’Europa e i suoi valori deve poter concorrere, e se ha i voti anche vincere, in Europa e grazie ai suoi valori. Diversa storia è quella di gruppi paramilitari, hacker che alterano il consenso, propositi pubblici di abolire i partiti e altro armamentario fascisteggiante.

Il precedente di Trump

L’America democratica e tutti noi paghiamo un alto prezzo per aver fatto prevalere il massimo garantismo sul caso-Trump, seriamente coinvolto in un assalto alla Casa Bianca che provocò sei morti, e però regolarmente candidato ed eletto. Ma è un prezzo che è giusto pagare. Il confine tra tutelare la libertà e lederla non va mai superato, perché altrimenti si finisce per perdere proprio ciò che si vuole proteggere.