Lo scenario
Digital service act, il game changer per i big del tech
Thierry Breton punta il dito sui paesi indietro nell’applicazione della norma. Tra questi c’è anche l’Italia che al momento non ha neppure ancora nominato l’ente attuatore
Del DSA, questo nuovo acronimo made in Bruxelles, ne sentiremo parlare sempre più spesso: è il Digital Services Act, l’innovativa regolamentazione dei servizi digitali che, approvata nel luglio 2022, sta via via entrando in vigore e che – finalmente, aggiungiamo noi – mette in pratica quel banalissimo principio secondo cui “ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online”: tra le tante cose, infatti, il DSA migliora le procedure per la rimozione dei contenuti illegali e in generale il controllo pubblico sulle piattaforme online, soprattutto su quelle più diffuse che raggiungono oltre il 10% della popolazione europea. Le sanzioni per le violazioni ai numerosissimi obblighi sono pesanti: possono infatti arrivare al 6% del fatturato annuo totale.
La responsabilità dell’attuazione del DSA è in capo a Thierry Breton, il volitivo commissario francese voluto da Macron, protagonista nei giorni scorsi di uno scambio per nulla affettuoso di tweet con Elon Musk sulla piattaforma X (già Twitter): argomento proprio il fatto che la nuova proprietà di X sta ignorando platealmente le disposizioni del DSA, ha smantellato i team di moderazione ed è diventata – specie in tempi di guerra in Medio Oriente – un ricettacolo della disinformazione. Come si concluderà questa querelle lo vedremo (non è escluso che X si ritiri dall’Europa, come provocatoriamente Musk ha fatto filtrare ieri, prima di essere bannato per qualche mese e beccarsi salatissime multe), ma quel che è certo che il tema dell’applicazione del DSA sta facendo togliere il sonno ai funzionari di Bruxelles.
E già, perché è certo che il DSA è in nuce un’ottima legge, che cambierà radicalmente il nostro di vivere internet e in particolare le grandi piattaforme (Meta, Google, X, TikTok, ma anche Amazon e Zalando, ad esempio), facendoci sentire un po’ meno privi di diritti, in balia di chissà chi, nelle nostre navigazioni online: ma questo potrà accadere solo se la legge riuscirà ad essere applicata. “C’è una legge, deve essere rispettata”, ha detto Breton l’altro ieri a Strasburgo, a margine della plenaria del Parlamento, ricordando che il pallino per far applicare la legge non è solo in capo a Bruxelles, ma in realtà è soprattutto in capo agli stati membri.
Breton punta il dito sui paesi perché ce ne sono alcuni che sono drammaticamente indietro nell’applicazione di una norma del tutto nuova: tra questi c’è (avevate dubbi?) l’Italia. Il nostro Paese al momento non ha neppure ancora nominato l’ente attuatore: sarà Agicom? Se sì, ne ha le necessarie competenze e professionalità interne? Riuscirà nel farlo a disfarsi dell’approccio burocratico con cui ha affrontato altri temi? Una cosa è certa: senza un soggetto attuatore efficace ed efficiente, il DSA per l’Italia resterà solo una bella, bellissima speranza. O l’ennesima occasione persa di mettere un po’ d’ordine a un mondo che di regole, finora, ne ha avute ben poche.
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