Amanti di censure e repressioni
Dimissioni Sgarbi? Ho parlato del mio tumore in modo ludico, vittima della retorica del sessismo: quando lo fa Benigni è divertimento

Nel “Si&No” del Riformista spazio alla polemica su Vittorio Sgarbi e le sue parole al Maxxi: deve dimettersi? Lo abbiamo chiesto al diretto interessato che spiega: “Si può ironizzare su tutto, perfino su un brutto male: l’arte infrange i tabù“. Favorevole alle dimissioni invece la deputata del Pd Irene Manzi: “Un uomo delle Istituzioni non può parlare così in pubblico delle donne”.
Qui il commento di Vittorio Sgarbi:
Al Maxxi io non ho mai pronunciato parole “sessiste”, ma ho semplicemente scherzato su una grave malattia che mi ha purtroppo colpito e che chiederebbe rispetto da chi lo invoca, a parole, per donne offese e molestate, non certo da considerazioni confidenziali, in un palese divertimento teatrale fra due amici (come è stato il clima di tutta la serata, senza alcuno scandalo), al MAXXI.
Per dire, tra i presenti, questo è il commento di una donna: “Ciao. Ho visto la tua serata al Maxxi con Morgan, carina e divertente, ma tu sei un uomo troppo simpatico oltre che coltissimo. Tanto simpatico tu, quanto poveri di spirito coloro che hanno avuto da ridire, quanta tristezza fanno”. Appunto, tristezza. A distanza di giorni dall’accaduto e di ore dalle polemiche pretestuose che ne sono seguite, leggo di molti che parlano, senza il dovuto rispetto, dell’unico tema introdotto da una domanda di Morgan a me: senza farne oggetto di commiserazione, ho parlato del mio tumore in modo ludico, citando un grande scrittore come Houellebecq in una lezione all’Università Kore, per il conferimento di una laurea honoris causa.
Rivendico il diritto a scherzare su me stesso senza offendere nessuno. Vedo invece alcuni che si offendono e invocano, contro di me, l’intervento ora del ministro, ora del presidente del Consiglio. Amanti di censure e repressioni. Ma la politica non ha niente a che fare con lo spettacolo al MAXXI: era una serata teatrale, nella quale io mi sono confessato di fronte a Morgan, con il divertimento e l’ilarità di tutti, con applausi prolungati, selfie, autografi, anche dopo lo spettacolo, senza che alcuno obiettasse, a caldo, qualcosa. Abbiamo giocato, su mille registri, con Morgan.
Parolacce e battute fanno ridere, e vanno intese in modo scherzoso, senza scandalizzarsi. Il sottosegretario non c’era, stava preparando un intervento solenne per il Centro europeo per lo studio dei Normanni (certamente sessisti). Dunque, senza polemiche e anche senza provocazioni. La mia è stata una confessione provocata da Morgan, in lingua “volgare”. Come quella di Benigni. O ci sono parolacce buone e parolacce cattive? A Rai 1 Benigni che palpeggia, e inveisce ironicamente sulla Carrà, con un diluvio di parolacce, è divertimento. E il mio racconto sessismo? Che Calenda, Bonelli, e altri soggetti, dopo dieci giorni, strumentalizzino e alimentino una sorprendente caciara sulle parole irridenti, ilari, strafottenti, ma giocose di un malato di cancro, senza umana comprensione per la malattia, è la misura della loro miseria umana oltre che della loro inesistenza politica.
Il loro unico strumento di discussione è la repressione. Io, al Mart, dove sono presidente (non al Maxxi, dove non ero presente come Sottosegretario, ma come attore, comprimario di Morgan, per recitare), ho fatto il mio dovere fino in fondo. Vengano a vedere le mostre, i miei detrattori, invece di invocare punizioni o rimozioni. Io ho tante querele per parole che colpiscono chi compie misfatti. Oggi sono vittima della retorica del “sessismo”. No. Era l’aria di Leporello nel Don Giovanni di Mozart:
“Madamina, il catalogo è questo delle belle che amò il padron mio; un catalogo egli è che ho fatt’io; Osservate, leggete con me. In Italia seicentoquaranta;
In Alemagna duecento e trentuna;
Cento in Francia, in Turchia novantuna;
Ma in Ispagna son già mille e tre.
V’han fra queste contadine,
Cameriere, cittadine,
V’han contesse, baronesse,
Marchesane, principesse.
E v’han donne d’ogni grado,
D’ogni forma, d’ogni età.
Nella bionda egli ha l’usanza
Di lodar la gentilezza,
Nella bruna la costanza,
Nella bianca la dolcezza.
Vuol d’inverno la grassotta,
Vuol d’estate la magrotta;
È la grande maestosa,
La piccina è ognor vezzosa.
Delle vecchie fa conquista
Pel piacer di porle in lista;
Sua passion predominante
È la giovin principiante.
Non si picca – se sia ricca,
Se sia brutta, se sia bella;
Purché porti la gonnella,
Voi sapete quel che fa”.
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