La storia
Disagio mentale e pandemia, storia di Massimo e dei suoi amici: “Noi, contagi zero a suon di rap”
“Dagli inizi dell’emergenza COVID-19 ci siamo ritrovati a dover ripensare radicalmente l’attività terapeutica, assistenziale e sociale della struttura”. A parlare è Elisabetta Buonaguro, direttrice tecnica del Centro di riabilitazione Don Orione di Ercolano, una struttura all’avanguardia costituita da un reparto residenziale, un centro diurno, un ambulatorio e un servizio di terapie domiciliari, tutti destinati a soggetti che soffrono di disabilità intellettive o di disturbi dello spettro autistico.
L’intero personale ha vissuto la pandemia come un’odissea, un percorso che però è stato intrapreso con incredibile forza, determinazione e razionalità. Grazie al rigore con cui il centro ha trasformato in pratica le indicazioni igienico-sanitarie preventive stabilite a livello nazionale – chiudendo il centro ai visitatori, ai familiari e ai volontari ed effettuando il triage su tutto il personale (oss, infermieri, educatori e terapisti) – non si sono registrati contagi, in una zona che ne ha registrato un numero alquanto elevato.
Il lavoro intrapreso dagli operatori, dagli infermieri e dai terapisti è stato fondamentale: grazie a loro i pazienti sono riusciti ad interiorizzare le norme igieniche e soprattutto ad indossare le mascherine, grazie ad un lavoro creativo sinergico delle varie professionalità del Centro, che hanno creato per l’occasione anche un brano rap , con tanto di videoclip, per far comprendere agli ospiti del Don Orione in modo semplice, divertente ed efficace i principali protocolli di prevenzione quali l’utilizzo delle mascherine, il distanziamento, il rispetto rigoroso delle norme igieniche. L’ottimismo di Massimo, calciatore in carrozzella, che durante l’emergenza ha dovuto rinunciare alla sua attività preferita a causa delle norme di distanziamento, riecheggia nelle parole di tutti i professionisti del centro, che con passione e dedizione si sono prodigati per far vivere la pandemia ai loro fragili ospiti con meno solitudine, meno paure e maggiore speranza.
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