Disastro Maresca, così il candidato di centrodestra ha perso quattro liste

Il sostituto procuratore generale bocciato dai giudici. No, non è l’esito di un processo penale ma la sintesi del braccio di ferro tra Catello Maresca e il Tar. I magistrati di piazza Municipio hanno respinto il ricorso presentato dal pm con ambizioni da sindaco contro l’esclusione di quattro sue liste dalla prossima competizione elettorale. Si tratta della formazione degli animalisti, delle civiche Catello Maresca e Maresca Sindaco e di Prima Napoli, la compagine di ispirazione leghista.

Insomma, un vero e proprio terremoto che rischia di condizionare il prosieguo della campagna elettorale e anche il voto del 3 e del 4 ottobre. Il primo a riconoscerlo è proprio Maresca che, ultimi sondaggi alla mano, comincia a sentire sul collo il fiato di Antonio Bassolino: l’ex presidente della Regione sarebbe al 17%, dunque a soli quattro punti di distanza dal pm che non andrebbe oltre il 21 e vedrebbe allontanarsi ulteriormente il candidato di centrosinistra Gaetano Manfredi, proiettato verso il 48. «Una scandalosa decisione politica che sancisce la morte della democrazia: la forma non può vincere sulla sostanza. Si sta consumando un vero e proprio esproprio della sovranità popolare», ha commentato Maresca prima di chiarire che presenterà appello al Consiglio di Stato perché «su questa storia di esclusione delle nostre liste è necessario fare chiarezza». Tira un sospiro di sollievo, invece, Alessandra Clemente che vede riammessa la lista che porta il suo nome.

La decisione del Tar ha un doppio risvolto politico. Innanzitutto affossa quel progetto di rinnovamento che il centrodestra napoletano intendeva realizzare aprendosi al civismo. Ricordate le continue prese di distanza di Maresca dai partiti? Ricordate quel «me ne fotto dei simboli» che aveva fatto storcere il naso a tanti dalle parti di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega? Ricordate il progetto in base al quale Napoli si sarebbe dovuta risollevare da «trent’anni di malgoverno della sinistra» grazie all’intervento salvifico delle migliori espressioni della società civile partenopea? Bene, la decisione del Tar ridimensiona fortemente quell’impostazione. Fino a questo momento, infatti, il civismo proposto da Maresca si è dimostrato inadeguato e anche tecnicamente impreparato. Le irregolarità che hanno portato (per ora) all’esclusione di Catello Maresca Sindaco e Maresca Sindaco sono la cifra di un dilettantismo allarmante, tanto più se si pensa che le due liste sono diretta emanazione del candidato sindaco e quindi simbolo per eccellenza del suo progetto. Insomma, per il momento il civismo di Maresca ha dimostrato soltanto la propria inconsistenza e si è rivelato sinonimo di trasformismo, cinismo e opportunismo: il peggio di quella vecchia politica che puntava a cancellare.

Il secondo dato politico è altrettanto evidente. Maresca si è dimostrato finora incapace di gestire le tensioni politiche all’interno della coalizione che ne sostiene la candidatura. Le fratture sono evidenti e riguardano non solo il perenne braccio di ferro tra componente politica e componente civica, che il pm ha più o meno inconsapevolmente esasperato, ma anche le contrapposizioni interne ai partiti storici di centrodestra, come lasciano intendere le tensioni degli ultimi giorni tra Lega e Fratelli d’Italia, da una parte, e Forza Italia, dall’altra. Un caos del quale potrebbe avvantaggiarsi Bassolino se è vero come è vero che molti militanti di destra, delusi dalla coalizione di Maresca, stanno guardando con sempre maggiore fiducia all’ex presidente della Regione la cui esperienza in campo politico e amministrativo è indiscutibile.

Ora a Maresca non resta che rivolgersi al Consiglio di Stato nella speranza che quest’ultimo riammetta alla competizione elettorale almeno le due liste civiche e quella di ispirazione leghista, in origine perno della coalizione. Un verdetto favorevole sarebbe indispensabile per restituire credibilità a un progetto che dilettantismo e faide, ancora prima dei giudici, hanno inesorabilmente demolito.