Se il Superbonus e la possibilità di fruire di esso (e anche di tutti gli altri bonus edilizi, compreso il famigerato bonus facciate) mediante sconto in fattura o cessione a banche del credito, avesse esaurito la sua vita alla fine del 2021, come era stato inizialmente previsto dal Decreto Rilancio di maggio 2020 del Governo Conte II, avremmo avuto ugualmente lo scandalo dei miliardi di truffe allo Stato “consegnate chiavi in mano” ai truffatori da una legislazione imbelle che aveva trasformato (involontariamente, ma non per questo incolpevolmente) il bonus facciate in un bancomat per la criminalità organizzata, prima degli interventi correttivi di novembre 2021 a cura del Governo Draghi.
Non avremmo però avuto l’esplosione di lavori, con l’obiettivo (per alcuni trasformatosi in miraggio) di ottenere lo sconto in fattura e/o di cedere il credito a una banca, che, a causa di stime di impatto rivelatesi a consuntivo non semplicemente sbagliate, ma totalmente sballate, come forse mai accaduto in passato, ha provocato e sta provocando e continuerà a provocare significative difficoltà a molti privati (che non riescono a monetizzare i bonus come credevano; e talvolta, per questo, nemmeno a concludere i lavori) e non minori difficoltà a chi, lato pubblico, deve governare e pianificare il bilancio dello Stato in termini di deficit di competenza nell’immediato e flussi di cassa (saldo netto da finanziare) nel medio periodo.
La gravissima e per certi versi incomprensibile sottostima è avvenuta in occasione dell’invio al Parlamento del disegno di legge di bilancio per il 2022, quando il Governo Draghi diede nuova vita al meccanismo degli sconti e delle cessioni, per tutti i bonus edilizi e per tutti i contribuenti (non solo quelli a bassa capacità reddituale) addirittura per altri tre anni (2022, 2023 e 2024) e anche al Superbonus con l’eccezionale percentuale al 110%, seppure per “soli” due anni (2022 e 2023) e per i “soli” condomìni (di qualunque tipo e dimensione), mentre per le villette la nuova vita del 110% fu limitata a sei mesi ulteriori.
Le relazioni tecniche che accompagnavano i vari provvedimenti relativi al superbonus 110% e agli sconti/cessioni, comprese quelli della loro rivitalizzazione, a cura del Governo Draghi, oltre il termine altrimenti finale del 31 dicembre 2021, stimavano – relativamente al superbonus – impatti per il bilancio dello Stato nell’ordine di 36,55 miliardi di euro. Già nella NADEF 2022 (settembre 2022), questa stima veniva aggiornata a 61,2 miliardi di euro. In occasione del DEF 2023 (aprile 2023), veniva ulteriormente ritoccata a 67,12 miliardi di euro. Non serve essere dei maghi per prevedere che le evidenze numeriche dei cassetti fiscali renderanno necessari ulteriori ritocchi, forse più simili nelle dimensioni a quelli della scorsa NADEF che non a quelli dello scorso DEF, in occasione della prossima NADEF, con tutto quello che ne consegue in termini di deficit di competenza 2023 e saldo netto da finanziare 2024-2028. A consuntivo, le stime di impatto delle scelte politiche che furono compiute dal Governo Draghi a fine 2021 su superbonus 110 e sconti/cessioni (con il consenso generale di tutti i partiti, ma sulla base di un quadro finanziario previsionali della cui qualità non può essere attribuita ai partiti alcuna responsabilità) potrebbero rivelarsi errate nell’ordine del 300%. Un errorino che si ritrova a gestire tecnicamente e politicamente l’attuale Esecutivo e l’attuale maggioranza.
Il Governo Conte II ha il merito di aver creduto in misure estreme, buone per momenti estremi, come il 110% e la “monetizzazione” tra privati dei crediti, mentre ha la colpa di aver reso semplicissime le truffe sul bonus facciate e di aver fatto una comunicazione politica pro domo sua che ha ingenerato il convincimento che la “monetizzazione” dei crediti la garantiva lo Stato, mentre, leggi alla mano, era sin dal principio un fatto di pura negoziazione tra privati. Il Governo Draghi ha il merito di aver chiuso i cancelli delle truffe sui bonus con norme anti-frodi efficaci, ma ha la colpa di aver assecondato una seconda vita di superbonus 110% e di sconti/cessioni, che sarebbero altrimenti finiti con il 2021, senza circoscrivere in modo adeguato un perimetro che – così ampio nei beneficiari e nella tipologia di lavori agevolati – poteva avere un senso solo in fase pandemica (in questo errore, come si è visto, è stato certamente indotto da stime di impatto totalmente fuorvianti).
Il Governo Meloni non ha né meriti, né colpe; semplicemente è chiamato a gestire una situazione esplosiva, in cui la quadra tra tutela dell’affidamento di chi già ha avviato i lavori e di chi è rimasto incastrato in un meccanismo che ha fatto molto bene all’economia, ma anche molto male ai meno avveduti, e la tutela del bilancio dello Stato (che nei prossimi anni non avrà più i significativi benefici sul PIL, ma soltanto le “rate da pagare per i benefici macro già fruiti”, ossia le rate di compensazione dei crediti) appare sempre più complesso a ogni nuovo aggiornamento dei numeri.