Le misure adottate dal Consiglio dei Ministri per “bollette” e “aiuti” all’economia, alle famiglie e alle imprese costituiscono un ripensamento, quasi in “zona Cesarini”, rispetto al precedente orientamento che progettava di impegnare risorse solo per 6-7 miliardi, una cifra elevata a 14 miliardi nella stesura finale portando, per il finanziamento, al 25 per cento il prelievo sugli extraprofitti delle imprese energetiche. In questo modo, si è evitato, almeno per ora, il ricorso allo scostamento di bilancio che per il Premier Mario Draghi appare verosimilmente una sorta di sconfitta.

Pur non potendosi dare, dunque, un giudizio negativo, resta il fatto che si permane nello “stato di eccezione” adottando pur necessari provvedimenti di urgenza secondo un’elencazione che mira a rispondere a differenti situazioni di bisogni e di sostegni, ma si evita di apprestare un piano organico per un termine non lungo, raccordato con quello di più ampia prospettiva e valore: il Pnrr. Da questo punto di vista, il vincolo che di fatto viene assunto di non ricorrere allo “scostamento” induce a procedere “a rate”, magari arrivando complessivamente, dopo un certo tempo, a impegnare somme rilevanti, come nel caso in esame dei 14 miliardi che fanno seguito ai 20 in precedenza stanziati. Fondamentale si conferma un piano organico per l’energia, per questa fase, raccordato con le iniziative europee, ma per ora non si delinea una tale operazione. Se le decisioni comunitarie tardano, allora tutto ciò che è fattibile a livello nazionale, non solo in termini di ristori e sostegni, va adottato.

In sostanza, non sarebbe condivisibile l’eventuale scelta di non assumere misure strutturali, come per esempio un intervento sul cuneo fiscale, perché la sede specifica per tali interventi sarebbe quella del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Occorre altresì prepararsi adeguatamente al possibile mutamento di indirizzo della politica monetaria, con particolare riferimento alle misure non convenzionali relative all’acquisto di titoli pubblici e, soprattutto, al non lontano termine del “quantitative easing”. Il dispiegamento degli effetti del Pnrr non è ravvicinato, a prescindere, poi, da innovazioni che, alla luce degli impatti della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, bisognerebbe apportare ad alcuni punti del Piano.

E ciò, mentre l’introduzione delle principali riforme collegate al Piano stesso (fisco, concorrenza, giustizia, appalti) non procede speditamente e con contenuti adeguati, ma è oggetto di contrasti nella medesima maggioranza, tanto che si ipotizza l’apposizione della fiducia, per esempio per la legge di delega per la cosiddetta riforma fiscale, che, oltre a far sorgere dubbi sui profili costituzionali, servirebbe a tutelarsi dalla stessa maggioranza o da componenti. Ciò avviene in un contesto europeo e internazionale mutato per le conseguenze della pandemia e, soprattutto, della guerra, rafforzandosi tendenze, soprattutto a livello mondiale, già “in nuce”. La globalizzazione delle merci, della finanza e degli uomini inizia a subire un mutamento significativo, innanzitutto per gli impatti geopolitici e militari. Finita l’ “America first” di Trump, nonché bloccata la linea del bilateralismo, e affermata inizialmente l’esigenza, da parte di Biden, di un nuovo multilateralismo con una rinnovata visione atlantica, ora si sta ripiegando sul “reshoring”, riportando a livello nazionale produzioni prima delocalizzate (e non necessariamente si tratta di un male).

Si comincia a parlare di “friendshoring” e subisce un grave colpo la globalizzazione che accanto agli impatti negativi ha registrato quelli, maggiori, positivi, in particolare per il superamento in molte aree del globo di condizioni infime di vita. Non avere affrontato, per tempo, il problema delle regole dei fenomeni globali e delle relative istituzioni, avere solo declamato un nuovo ordine economico e monetario internazionale, avere ritenuto che ci si incamminava finalmente verso sorti magnifiche e progressive automaticamente conduce ora alla delusione e ai problemi dell’oggi nelle relazioni internazionali per l’indietreggiamento inferto dalla guerra. A questo punto si tratterebbe di lavorare per un nuovo ordine, un riconcepimento dello stesso diritto internazionale, ma proprio nel momento in cui le condizioni geopolitiche non appaiono certamente a ciò favorevoli.

L’Unione europea potrebbe svolgere un ruolo al riguardo, ma essa stessa è afflitta da problemi tra centralismo e burocratismo, da un lato, e tendenze sovraniste o anche correttamente orientate a sostenere il principio di sussidiarietà verticale, dall’altro. Mancano i grandi leader di un tempo, capaci di visioni non particolaristiche e in grado di riscuotere, nella democrazia, i necessari consensi. Eppure non si possono assumere atteggiamenti rinunciatari. Ma è l’obiettivo del superamento della gravissima situazione in Ucraina che ha la priorità assoluta per qualsiasi discorso su regole e istituzioni globali. Anche gli specifici problemi nazionali, come quello sopra riportato concernente una serie di misure del Governo contro gli impatti dei rincari indotti dai prodotti energetici, non possono non essere inquadrati in questo più ampio contesto. Insomma, non si può fare a meno dell’inquadramento degli argomenti in un contesto globale (che si fa sentire comunque), ma sono in crisi strumenti, regole e sedi per il governo dei relativi processi, se mai si siano affermati compiutamente nel passato.