Nel suo discorso di insediamento cita Pino Daniele
Don Mimmo Battaglia, le tappe della prima giornata da arcivescovo di Napoli: “E’ il prete di tutti”

Dopo l’era Sepe, nel giorno del suo insediamento come arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, 58 anni, è partito dalla periferie, dai più deboli, lontano dai riflettori.
“Don Mimmo”, così come viene chiamato dai fedeli che in questi anni hanno avuto modo di apprezzarlo a Cerreto Sannita (Benevento), ha voluto incontrare per primi i parenti di Francesco Della Corte, la guardia giurata uccisa a bastonate a Piscinola, periferia nord di Napoli, nei pressi della stazione della metro. Ha incontrato la moglie e i due figli di Franco che, con un progetto di solidarietà, hanno trasformato un’area limitrofa a quella in cui è avvenuta l’uccisione del padre e marito, in un parco giochi per bambini.
Poi il suo primo colloquio privato è stato, nella zona dei Camaldoli, con E. D., una ragazza nigeriana arrivata in Italia nel 2016 dopo un lungo viaggio di sfruttamento e violenze ripetute. Giunta nel nostro Paese ha scoperto di avere l’Aids e, dopo un momento di disperazione, grazie all’accoglienza nella “Casa Famiglia Riario Sforza” della Caritas Diocesana di Napoli, gestita dalle Suore Vincenziane, ha ricominciato a sperare e a sognare. Nella carne di E. sono impresse le ferite della migrazione, dello sfruttamento e della violenza sulle donne, dell’emarginazione connessa alla malattia e allo stesso tempo la speranza di Napoli, città del mediterraneo, che si è fatta per lei casa accogliente.
Il suo primo caffè napoletano lo ha preso a casa di uno degli operai della Whirlpool. Don Mimmo ha fatto visita alla famiglia del lavoratore della multinazionale americana che ha chiuso lo stabilimento di Ponticelli nei mesi scorsi, lasciando senza lavoro oltre 300 famiglie. Un gesto che rappresenta l’attenzione al mondo del lavoro e alla piaga endemica della sua mancanza nonché la volontà ecclesiale di camminare insieme alle istituzioni e alla società civile per ridare dignità e futuro alle tante famiglie che vedono compromessa la propria sicurezza e serenità a causa della disoccupazione
Pranzo al ‘Binario della solidarietà’, una realtà della Caritas diocesana di Napoli che, grazie alla collaborazione delle suore della Carità si occupa specificamente dei senza dimora accompagnandoli in un percorso di reinserimento sociale, fatto di dignità, autonomia e integrazione: don Mimmo ha condiviso con loro un momento di intimità e convivialità. Poco prima Don Mimmo è andato a San Giovanni a Teduccio nell’associazione ‘Figli in famiglia’: ha incontrato una bambina che, condividendo con tanti suoi coetanei la fatica di crescere in un territorio ferito e periferico, rappresenta per la comunità diocesana e per l’intera città un appello a farsi carico della speranza e dei sogni dei più piccoli, attraverso un’attenzione costante alle problematiche educative e sociali. Un giornata intensa che segue quella di ieri dove l’ex vescovo di Cerreto Sannita ha incontrato i detenuti nel carcere di Poggioreale.
Poi l’insediamento ufficiale con il saluto alle autorità cittadine nel salone arcivescovile di Palazzo Donnaregina, sede della curia partenopea. Presenti oltre al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e il governatore regionale Vincenzo De Luca, anche i ministri Gaetano Manfredi ed Enzo Amendola e il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho.
Don Mimmo cita le parole di una canzone di Pino Daniele: “Saluto con parole che non sono mie, ma sono state importanti nel mio percorso. Le parole di una canzone che ho ascoltato negli anni ’90 da un ragazzo che all’epoca era in comunità. Voglio consegnare a tutti voi un sogno – ha aggiunto l’arcivescovo – quello di riorganizzare la speranza. E Terra mia rappresenta proprio la volontà di non perdere mai la speranza in un cambiamento, perché le cose possono cambiare”.
“Una terra capace di togliere il fiato per la sua bellezza, di stupire per l’ingegno, la creatività e l’accoglienza, ma anche sottomessa al gioco pesante della criminalità, della camorra, di affaristi senza scrupoli che crescono e ingrassano sulla sofferenza di tanti disoccupati, di chi per sbarcare il lunario e portare a casa un pezzo di pane, è capace di qualsiasi cosa sulla pelle dei nostri ragazzi. Una terra – ha aggiunto – ricca di belle persone, di volontariato, di associazionismo, di terzo settore, ma anche di disperazione, di fiumi di droga che scorrono indisturbati nei quartieri più abbandonati, di gioco d’azzardo e di vite a perdere, di emarginazione e di solitudine. Di tutto questo noi dobbiamo essere pienamente consapevoli, avere il coraggio di guardare negli occhi i mali delle nostre terre e di chiamare i problemi con il loro nome. Solo così, insieme, potremo affrontarli”.
Poi la lotta alla camorra: “Sarà una dura, difficile, però è possibile perché se davvero saremo capaci di farci forza di quella che è la nostra speranza, se davvero saremo capaci di camminare insieme, è possibile costruire un mondo migliore, ma è importante che ognuno faccia la sua parte. Come chiesa non ci tireremo indietro. Bisogna avere coraggio di ritrovare quella credibilità perduta – osserva – perché solo così saremo forti nell’affrontare ogni tipo di criminalità”.
© Riproduzione riservata