La nuova America
Donald Trump, l’uomo morto due volte è di nuovo Presidente. La campagna perfetta stravinta con forza e chiarezza
Dovevano essere le elezioni più combattute della storia americana, ci si attendeva un testa a testa, una rincorsa forsennata all’ultimo voto, ed invece non c’è stata partita: Donald Trump non ha vinto, ma stravinto. Uno scenario difficilmente ipotizzabile persino dai più ottimisti tra i sostenitori dell’ex e neo Presidente eletto. Il risultato che più di tutti sorprende è il dato del voto popolare, un dato fino ad ora in saldo negativo per i repubblicani da molto tempo, se pensiamo che l’ultimo a vincerlo fu George W. Bush nel 2004 contro John Kerry. Persino nelle elezioni vinte da Trump nel 2016, la maggioranza dei voti popolari andò a Hillary Clinton. la sua sfidante, ma non questa volta. In questo Election Day il messaggio dell’elettorato americano è stato netto, quasi a non voler concede nessuna scappatoia interpretativa, concedendo a Donald Trump non solo la maggioranza dei grandi elettori, ma anche quella degli statunitensi su base nazionale.
Il successo di Trump
Questo dato certifica il successo della campagna di Trump, della sua strategia, delle sue scelte e anche e soprattutto della sua capacità di trasmettere un messaggio agli americani ben più forte e più credibile di quello di Kamala Harris, che al di là dell’ossigeno mediatico donatole per intero dalla stampa americana, non è riuscita ad andare oltre, a empatizzare e costruire un legame con il suo elettorato.
Donald Trump, l’uomo morto due volte
Donald Trump è stato dato per morto due volte, la prima volta nel novembre del 2020, la seconda dopo la drammatica vicenda del 6 gennaio 2021. Mai errore per i democratici fu più fatale che sottovalutare Trump, e attaccarlo per via giudiziaria, con lo scopo in parte di annientarlo e in parte – sospetta qualcuno – di mantenerlo in sella al Gop, con l’idea che fosse il più battibile tra i candidati repubblicani. Trump non si è fatto abbattere ricompattando il partito, guidandone il completamento della trasformazione già in corso da tempo. Il movimento MAGA, come viene soprannominato il “popolo di Trump”, si è gradualmente sostituito ai vecchi repubblicani, non occupandone il partito, come si è spesso affermato con troppa ingenuità – ma comprendendo e interpretando il grande cambiamento in essere nella società americana. Donald Trump ha saputo reggere l’urto delle accuse giudiziarie, molte delle quali pubblicamente criticate da giuristi di ogni indirizzo politico, e non ha mai vacillato nella stabilità della sua leadership. Più contro di lui si accaniva la macchina dei democratici, più la base repubblicana si cingeva attorno al loro Presidente. Perché un ulteriore dettaglio che si è eccessivamente minimizzato è il fatto che per quasi tutti i repubblicani le elezioni del 2020 hanno presentato molte, troppe, irregolarità, e dunque l’idea della “frode” subita non era l’idea di Trump, ma l’idea che condividevano e condividono ancora oggi quasi tutti i repubblicani.
La campagna elettorale
La campagna elettorale di The Donald è stata perfetta sia nella fase in cui l’avversario era Biden, sia da quando è subentrata, catapultata dall’establishment democratico, Kamala Harris, coi i suoi programmi fumosi e le sue proposte criptiche. Trump ha puntato tutto su due cavalli di battaglia che appartengono storicamente al suo repertorio politico: l’economia e l’immigrazione, con il conseguente problema della sicurezza, altro tema che si è dimostrato centrale nelle scelte degli americani. Trump ha compreso prima di tutti la crisi profonda che attraversa l’America, intercettando le preoccupazioni della classe media, degli operai, di chi vive nelle periferie e subisce l’aumento esponenziale dell’immigrazione clandestina. Chi ha visto i salari dimezzarsi e i propri sobborghi, un tempo tranquilli, cadere preda della criminalità, con la Polizia costretta a subire gli attacchi della sinistra radicale, fagocitata da movimenti come il BLM. Trump ha dato voce a quell’America, ne ha raccolto le domande e contrariante alla sua avversaria ha saputo proporre delle risposte semplici, persino dure, ma comprensibili agli elettori. Questo gli ha permesso di allargare la sua base elettorale, di andare ben oltre il 2016, i confini del tradizionale partito repubblicano, trasformando il vecchio Gop nel partito degli operai e dalla classe media, ma anche – ed è qui la combinazione vincente – delle élite stanche della predominanza dei salotti “radical chic” nell’accezione che ne diede Tom Wolf proprio nella New York di Donald Trump.
La vecchia regola
Il Tycoon ha rispettato una vecchia regola che afferma con una certa aderenza storica che i presidenti degli Stati Uniti sono eletti dalle coalizioni, e più ampie sono queste coalizioni, più estesa può essere la vittoria. Trump ha raccolto intorno a sé una coalizione ampia, che unisce istanze differenti, ma con un unico grande desiderio: quello di ricostruire un’America disillusa, alla ricerca di quelle certezze un tempo considerate come elementi basilari della società americana.
© Riproduzione riservata