La donazione è il contratto con cui, per spirito di liberalità (ossia con la consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi tenuti), una parte arricchisce l’altra, disponendo in suo favore di un diritto o assumendo un’obbligazione. Lo spirito di liberalità che connota la donazione e che ne costituisce la causa va accertato dal notaio, presenti due testimoni, in sede di atto pubblico. Frequente è il ricorso a questo istituto all’interno delle famiglie.

La volontà di attribuire la proprietà di alcuni beni ai propri discendenti risponde ad una duplice esigenza: quella di garantire loro la disponibilità di una abitazione e quella dividere in vita il proprio patrimonio tra i futuri eredi, anticipando gli effetti della propria successione mortis causa. Peraltro, anche da un punto di vista fiscale, è un atto vantaggioso, soprattutto se trattasi di donazioni tra coniugi e tra parenti in linea retta (marito/moglie; genitore/figlio; nonno/nipote) o tra fratelli. Nel primo caso, l’aliquota è del 4% sul valore del bene donato, solo per la parte che eccede il milione di euro godendo, sia il coniuge che il discendente, di una franchigia di 1 milione di euro ciascuno. Nel secondo è del 6%, con una franchigia di 100.000,00 euro.

Es: Tizio dona al figlio Tizietto una casa del valore di 1.500.000,00 di euro. L’imposta di donazione del 4% andrà calcolata solo sulla parte che eccede la franchigia, dunque su 500.000,00 euro. Oltre all’imposta di donazione, l’atto sconta, se ha ad oggetto immobili, anche le imposte ipotecaria e catastale (pari ad euro 400,00, se il bene donato è una prima casa per il donatario, oppure al 3% del valore, se trattasi di seconda).

Nonostante l’atto di donazione risponda ad interessi meritevoli di tutela e sconti, specialmente tra “parenti stretti”, una tassazione agevolata, presenta delle criticità. Le donazioni compiute in vita dal defunto, possono essere impugnate con azione di riduzione, dopo la morte del donante, da parte dei suoi eredi legittimari, se lesive della quota di legittima e, nel caso di esercizio vittorioso della azione di riduzione, anche laddove i beni donati siano stati alienati a terzi, andranno restituiti.

Il rischio per l’acquirente di un immobile pervenuto per donazione di subire gli effetti dell’azione di restituzione del bene ha l’effetto di dissuaderlo dall’acquisto. Tanto più laddove, per pagare il prezzo, debba far ricorso ad un mutuo bancario, poiché il rischio della operazione coinvolge anche la banca che su quel bene godrebbe della garanzia ipotecaria.

Dopo quanto tempo i beni ricevuti in donazione tornano ad essere “vendibili senza rischi”? L’azione di riduzione si prescrive in 10 anni dalla morte del donante (salvo che i legittimari non rinunzino ad essa già dopo la morte). L’azione di restituzione dei beni non è più opponibile ai terzi acquirenti trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione. Decorsi i detti termini, la provenienza donativa cessa di essere un problema.