Il 9 marzo 2023 quella sacca di sangue era destinata al paziente della stanca accanto. Un anno e mezzo dopo la morte Carla Raparelli arrivano sviluppi investigativi nell’indagine avviata dopo la denuncia dei familiari della 71enne morta nella clinica Maria Pia Hospital di Torno un quarto d’ora dopo aver ricevuto una trasfusione di sangue, non compatibile con il suo e di cui non aveva alcun bisogno.

Questo quanto emerso nell’inchiesta della procura di Torino grazie soprattutto al ruolo di un’anestesista che ha raccontato la verità, rifiutandosi di coprire i sanitari responsabili del drammatico errore, costato la vita alla donna. E’ stata la stessa professionista a realizzare, una volta intervenuta per rianimare la 71enne, che quella sacca di sangue non era compatibile con il sangue della vittima ma era destinata ad un altro paziente, ricoverato in una stanza vicino. E’ bastato un quarto d’ora per scatenare nella donna una gravissima reazione immunitaria che ne ha causato la morte.

L’inchiesta: medico e infermiere nel mirino

Un anno e mezzo dopo, infermiere e medico devono rispondere del grave errore e dovranno difendersi dall’accusa di omicidio colposo e falso ideologico in atto pubblico perché la sera del 9 marzo 2023 non sarebbe stata rispettata la rigorosa procedura di verifica prevista dalle linee guida ministeriali: il controllo di compatibilità trasfusionale. Tutt’altro. Stando a quanto emerso nelle indagini il cardiochirurgo indagato, 42 anni, non sarebbe stato presente in clinica ma avrebbe firmato in anticipo i moduli per la trasfusione eseguita poi erroneamente dall’infermiere senza alcuna verifica di compatibilità e senza garantire la presenza per il primo quarto d’ora in caso di complicazioni.

La telefonata alla figlia: “Sua madre è gravissima”

La vittima, così come raccontato dai familiari, era arrivata nella struttura ospedaliera torinese per un intervento di routine, effettuato a fine febbraio. Stava affrontando gli ultimi giorni di ricovero quando ha ricevuto la trasfusione di sangue letale. Il 9 marzo aveva la febbre ma nulla di grave, poi la sera la telefonata alla figlia, rappresentata dall’avvocato Fabrizio Bonfante. “Sua madre è gravissima”. Il tempo di raggiungere il Maria Pia Hospital, è già non c’era più nulla da fare. La madre era già morta “per insufficienza multiorgano da reazione emolitica intravascolare acuta da emotrasfusione AB0 non compatibile” si legge nell’atto di chiusura delle indagini del pm Giorgio Nicola.

Le pressioni sull’anestesista per cambiare cartella clinica

Inutili i tentativi dell’anestesista di rianimare per 50 minuti la donna. La stessa professionista quella notte venne invitata a modificare quanto scritto nella cartella clinica, e cioè che era in corso una trasfusione, ipotizzando invece che la 71enne potesse essere invece morta per una sepsi. Il suo no ha portato agli sviluppi degli ultimi giorni.

 

 

 

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