Il dramma e l'indifferenza: nessuno sapeva nulla
Donna si lascia morire in carcere a Torino, cibo e acqua rifiutati per settimane: “Voglio solo vedere mio figlio”
E’ morta nell’indifferenza di tutti. Nessuno sapeva che Susan John, detenuta di nazionalità nigeriana, rifiutava acqua, cibo e medicine da settimane nel carcere delle Vallette di Torino. Ripeteva sempre la stessa frase: “Voglio vedere mio figlio“. Nulla di più. Stava scontando una condanna a oltre 10 anni, inflitta dai giudici di Catania, per tratta e immigrazione clandestina. Aveva 43 anni. Sarebbe tornata libera nel 2030 ma è morta nel giro di pochi giorni senza che nessuno facesse qualcosa. L’hanno trovata cadavere nella sua cella nelle prime ore dell’11 agosto. Accanto a lei un biglietto con scritto: “Se mi succede qualcosa chiamate il mio avvocato“.
Era arrivata nel carcere del capoluogo piemontese il 21 luglio scorso. Era rinchiusa in un settore speciale della sezione femminile, dotato di quattro celle, riservato alle recluse con problemi psichiatrici o comportamentali. Un reparto dove è previsto il regolare passaggio di medici e un sistema di videosorveglianza h24, di cui si occupa il personale di polizia penitenziaria. Adesso sul decesso la procura di Torino vuole vederci chiaro con il pm che ha disposto l‘autopsia e aperto un fascicolo sulla vicenda. Susan si professava innocente e da quando era arrivata alle Vallette non mangiava e non beveva e rifiutava di essere visitata dai medici. E lo ha fatto per ben 18 giorni senza che nessuno, all’esterno del carcere, fosse a conoscenza di questa vicenda.
“Sono rammaricata, ma dal carcere non ci sono mai giunte segnalazioni relative al caso di questa persona” afferma Monica Cristina Gallo, garante comunale per i diritti dei detenuti a Torino, raggiunta dall’ agenzia ANSA. “I nostri contatti sono regolari – afferma – eppure nessuno ci aveva informato. Probabilmente non sarebbe cambiato nulla. Però, almeno, avremmo potuto attivare le nostre procedure e tentare qualcosa”. “Provo rammarico – conclude Gallo – perché le informazioni, in chiave preventiva, andrebbero scambiate. Credo che sia il minimo. Si tratta di salvare delle vite”. Vuole vederci chiaro anche il legale della donna, l’avvocato Manuel Perga: “Dalle prime informazioni che abbiamo raccolto sembra che si sia verificato un crollo psicofisico cui non è stata prestata sufficiente attenzione. Per questo sono perplesso. E arrabbiato. Vedremo gli sviluppi”.
Nello stesso carcere, a poche ore dalla morte di Susan, un’altra detenuta si è tolta la vita. Si tratta di una giovane donna italiana, 28 anni, che era stata trasferita a fine luglio da Genova. Il suo è il 43esimo suicidio del 2023 nelle carceri, 16esimo solo tra giugno e agosto. Sovraffollamento e, in estate il caldo, spiega Antigone rendono ancora più drammatica la situazione dei detenuti “non è un caso che, durante i mesi estivi, proprio il numero dei suicidi cresca”, osservano dalla associazione che ricorda come nelle carceri italiane siano detenute 10mila persone in più dei posti disponibili con un tasso di sovraffollamento del 121%. Preoccupati i sindacati: il Sappe afferma che i due decessi in poche ore nel carcere di Torino “impongono al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese”. “E’ necessario – afferma il segretario generale, Donato Capece – prevedere un nuovo modello custodiale. Le carceri sono in ebollizione da mesi”. Per Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, “a fronte di un’emergenza che appare insanabile non possiamo che ribadire l’estrema urgenza di provvedere a un commissariamento del sistema penitenziario italiano”.
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