Pian piano, dopo che lo shock per la mattanza del 7 ottobre ci ha svuotato, i nostri sentimenti provano a ritrovare una loro naturale dimensione. Il dolore resta appoggiato al cuore, ma la mente comincia di nuovo a reagire. Si ricava un angolo per le speranze, in particolare quella che tutti gli ostaggi possano tornare a casa, ma purtroppo anche per le riflessioni più amare.

Alcune riprendono tristemente altri orrori di questi giorni. Come tanti ho apprezzato le parole di Elena Cecchettin nel ricordo della sorella Giulia, vittima dell’ennesimo femminicidio: non un minuto di silenzio, ma fate rumore. Non posso fare a meno di pensare al rumore che in questo momento devono fare le donne ebree. Vivere a capo chino e in silenzio il nostro dolore evidentemente non è bastato per attirare l’attenzione sul dramma vissuto, e che ancora oggi stanno vivendo, altre donne ebree: uccise, stuprate, sequestrate. Nella recente giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e in quella contro la violenza di Genere di Sabato 25 novembre, nessuno ha voluto ascoltare la nostra voce.

I nostri bambini e le nostre donne sono stati dimenticati dalla quasi totalità delle manifestazioni e dei discorsi di istituzioni, organizzazioni umanitarie, dei movimenti femministi e femminili e celebrities. Ecco l’amnesia del mondo scendere ancora una volta sulle 1500 vittime del 7 ottobre e gli ostaggi ancora prigionieri a Gaza.
È arrivato il momento di chiedere a tutte le associazioni sempre sul campo per i diritti delle donne e dei minori perché i nostri bambini e le nostre donne uccisi, brutalizzati e rapiti, non hanno avuto voce. Perché non abbiamo visto per loro le più che legittime mobilitazioni in Italia e nel mondo che in passato sono state fatte, ad esempio, per la Nigeria o per le donne Iraniane anche da noi sottoscritte o a cui anche noi abbiamo preso parte?

Vorrei chiedere loro: c’è un distinguo? E il numero? 30 bambini ebrei prigionieri in un sotterraneo, e chissà in quali mani, sono troppo pochi rispetto ai bambini vittime innocenti della guerra? Oppure c’è altro? Perché tutta questa indifferenza fa pensare che le nostre donne e i nostri bambini valgano di meno in quanto ebrei. Perché è proprio di questo che stiamo parlando: esseri umani barbaramente uccisi o strappati alle loro famiglie esclusivamente perché erano ebree. Vi ricorda qualcosa? E se c’è un insegnamento che ci è arrivato dalla Shoah è questo: se è capitato a me perché ho un determinato cognome, un passaporto di una specifica nazione o, professo una certa fede, allora domani può capitare a chiunque. Di fronte al razzismo nessuno è al sicuro e l’intero mondo dovrebbe mobilitarsi nel nome di chi ha subito questa terribile ingiustizia.

Per cui vi invito ad avere coraggio, sollevare la testa e chiederlo a chi vi volta le spalle, o a chi fa finta di niente o a chi ancora dopo i primi giorni del clamore passa oltre: dove siete oggi? E dove sono i vostri valori? Si fermano davanti all’uscio delle nostre case. Ricordiamo loro che o valgono i diritti di tutti i bambini o di nessun bambino. O valgono i diritti di tutte le donne o di nessuna donna.

Susanna Sciaky

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