Il caso
Dopo 10 anni di gogna e 11 mesi in carcere smontata inchiesta contro Enrico Fabozzi: assolto, il fatto non sussiste
Fu indagato e processato, costretto ad abbandonare l’incarico di consigliere regionale mettendo da parte ogni altra futura ambizione politica. Fu anche condannato in primo grado, a dieci anni di reclusione, per concorso esterno in associazione camorristica, corruzione, voto di scambio e ricettazione con il sospetto di aver agevolato il clan casertano di Bidognetti nell’assegnazione di appalti e di aver ricevuto in cambio appoggio elettorale e vantaggi anche per la società immobiliare di cui era socio. Insomma, accuse pesantissime. Accuse che ieri sono crollate assieme a tutte le ricostruzioni di inquirenti e collaboratori di giustizia. Enrico Fabozzi, ex sindaco di Villa Literno ed ex consigliere regionale del Partito democratico, è stato assolto «perché il fatto non sussiste». Con formula piena si sarebbe detto un tempo.
La sentenza è stata emessa dai giudici della seconda sezione della Corte di Appello di Napoli in un processo tutt’altro che scontato, se si considera che il dibattimento era stato riaperto per ascoltare in aula il nuovo collaboratore Nicola Schiavone. È vero che bisognerà attendere il deposito delle motivazioni per conoscere le esatte ragioni alla base della pronuncia dei giudici, ma appare evidente che ha prevalso la linea difensiva. Fabozzi, assistito dall’avvocato Mario Griffo, si era sempre detto estraneo alle accuse. Nel corso del dibattimento di primo grado, dinanzi ai giudici del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la sua difesa fu lunga e articolata e in fase di conclusioni sintetizzata in una corposa memoria, 23 punti, «tutti poi ignorati dai giudici», ha replicato il difensore.
«La sentenza di primo grado difetta della benché minima valutazione degli elementi, numericamente cospicui, addotti dalle difese», ha evidenziato l’avvocato Griffo nella sua arringa davanti alla Corte di Appello, passando poi a contestare punto per punto la ricostruzione degli inquirenti, i ricordi dei pentiti, le convinzioni dei giudici del primo grado. A cominciare dalla cronologia dei fatti: «Le imputazioni a Fabozzi – ha osservato il difensore – sono slegate tra loro dal punto di vista cronologico, il voto di scambio del 2003 viene posto in relazione al concorso esterno che si sarebbe materializzato attraverso un accordo postumo a tale tornata elettorale e collegata a una corruzione del 2007 e alla turbativa d’asta costruita su matrici politiche e comunque successiva all’arresto di Luigi Guida nel luglio del 2005. Una ricostruzione del tutto illogica».
Le dichiarazioni di Guida, capo della fazione bidonettiana dei Casalesi, sono state tra quelle agli atti del processo, «ma Guida afferma di non ricordare di aver appoggiato la campagna elettorale di Fabozzi né di aver ricevuto richieste in tal senso dai sui uomini», ha evidenziato la difesa dell’ex sindaco. E così i vari dettagli della ricostruzione accusatoria sembrano essersi sgretolati di fronte al confronto con le argomentazioni difensive fino a portare all’assoluzione decisa ieri. Un verdetto che smonta il teorema della Dda, quello che aveva portato il pm anticamorra che aveva condotto le indagini a tuonare in aula «politici arrendetevi» pensando che Fabozzi avrebbe dovuto addirittura pentirsi e ammettere. Ma cosa? Viene da chiederselo alla luce di questa sentenza.
E viene anche da riflettere sui risultati di molte inchieste di una certa stagione dell’Antimafia che sembrano aver puntato tanto o tutto sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia al fine di indagare su presunti intrecci tra politica e camorra. Dieci anni fa Fabozzi fu arrestato per le accuse dell’Antimafia, trascorse undici mesi in cella, dovette rinunciare al suo lavoro di imprenditore e al ruolo in politica. «Ho sempre avuto fiducia nella magistratura e creduto nella giustizia – ha commentato dopo la notizia della sua assoluzione – Adesso sono raccolto nei miei affetti che non hanno mai mancato di starmi accanto anche nei momenti più bui e pubblicamente ringrazio mio avvocato per la dedizione e l’impegno».
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