«La nostra è una realtà veramente difficile e temo che questa pandemia abbia determinato, e determini ancora, una battuta di arresto, un arretramento di quello che si è fatto in questi anni». Maria de Luzenberger, capo della Procura per i minorenni, mette in evidenza gli effetti collaterali della pandemia causata dal Covid. Ci sono distanze che rischiano di ridimensionare, se non addirittura annullare, i risultati degli sforzi compiuti per il recupero di minori a rischio. Perché il controllo, a causa delle distanze, diventa più difficile. «Negli ultimi anni sono stati compiuti sforzi enormi, abbiamo fatto tavoli in Prefettura per affrontare il problema dei minorenni napoletani e c’è stata grande coesione tra varie istituzioni», spiega. Ma questa pandemia ha messo sullo sfondo nuove criticità. «C’è un senso di incertezza che crea condizionamenti non solo negli adulti ma anche nei ragazzi, i quali vivono questo nuovo cupo senso di pericolo».

La storia di Luigi Caiafa, il 17enne ucciso in via Duomo da un colpo di pistola esploso da un poliziotto intervenuto per sventare una rapina, riporta prepotentemente e drammaticamente di attualità il tema della criminalità minorile. Quanti sono i minori a rischio a Napoli? Tanti, tantissimi. Le statistiche provano a indicare dati numerici, ma la realtà ha dimensioni sempre più vaste. «Ultimamente – afferma il procuratore – non solo a Napoli ma in tutta Italia, si registra un aggravamento della tipologia di reati commessi e, nella nostra zona, si aggiunge anche la sirena del crimine organizzato. Ed è un aggravamento che paradossalmente va di pari passo con una riduzione dei numeri delle notizie di reato che sono in perenne calo».

Verrebbe facilmente da dedurre che ci sono meno giovani che delinquono ma, quando lo fanno, commettono reati più gravi. Così, però, si cadrebbe nell’errore di dimenticare i reati che non vengono denunciati per paura o complicità. In genere, a delinquere sono soprattutto ragazzi che provengono da quartieri degradati e che in famiglia hanno almeno un familiare con precedenti penali. «Sono ragazzi che hanno alle spalle famiglie difficili e percorsi scolastici accidentati – aggiunge il capo della Procura per i minorenni – Ed è su quello che si dovrebbe lavorare, servirebbe un esercito di assistenti sociali. A Napoli un certo numero c’è, ma ci sono paesi nell’hinterland dove non sanno proprio cosa sia un assistente sociale. E lavorare con le scuole è difficile, da quando c’è la pandemia ancora di più».

Strumenti della giustizia ripartiva come la messa alla prova possono essere validi. «Difendo l’istituto della messa alla prova – afferma il procuratore de Luzenberger – ciò non toglie che non possano essere previste revisioni per questioni particolari, ma qualunque revisione della normativa non può essere fatta prima di aver messo il sistema in condizioni di lavorare. Perché il problema vero – sottolinea – è che mancano risorse per seguire questi ragazzi anche una volta terminato il percorso rieducativo. Bisogna investire di più, non possiamo lasciare questi percorsi al terzo settore, mal pagato». Serve una rete di supporto più ampia ed efficace che raggiunga e coinvolga anche le famiglie di questi ragazzi. «Occorre fornire loro – conclude il procuratore – una reale possibilità di pensare al proprio futuro come migliore rispetto a quello che si lascia alle spalle».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).