Che cosa è cambiato nella magistratura e nel suo organo di autogoverno a distanza di oltre due anni dallo scoppio del Palamaragate? La risposta è semplice: nulla. «Anche se appare incredibile, non si profila all’orizzonte alcuna efficace riforma e quelle che si profilano costituiscono un rischio di aggravamento della situazione». Lo scrivono i magistrati “dissidenti” di Articolo 101, il gruppo nato per contrapporsi alla strapotere delle correnti, in una mozione, poi non ammessa, presentata all’ultima assemblea dell’Associazione nazionale magistrati.
«La vicende accadute negli ultimi anni hanno reso manifesto a tutti il livello di degenerazione del Consiglio superiore della magistratura da lungo tempo denunciato da alcuni degli addetti ai lavori e agli osservatori attenti della materia», esordiscono i giudici Giuliano Castiglia, Stefania Di Rienzo, Ida Moretti e Andrea Reale. La spartizione degli incarichi, infatti, non è un tema recente. Sono anni che i gruppi della magistratura associata si spartiscono le nomine al Csm. Il Palamaragate ha soltanto contribuito a rendere di pubblico dominio un sistema rodato e collaudato. Nel mirino delle toghe antisistema è finita la “raccomandazione”, in proprio o da parte di terzi. Le chat contenute nel telefono di Palamara sono il migliore esempio possibile di come funziona il meccanismo: un pressing fortissimo sul consigliere del Csm per ottenere un incarico. Raccomandazione, poi, fa rima con ricerca del consenso. Il ragionamento sul punto è molto lineare.
Il Csm si è trasformato da organo di garanzia a organo di rappresentanza delle correnti e della gestione degli equilibri interni della magistratura, dando vita a un sistema clientelare che è habitat ideale per le pressioni dall’esterno.
Le toghe di Articolo 101 hanno anche fatto un elenco delle decisioni del Csm che sono maggiormente oggetto di condizionamento esterno: oltre agli incarichi direttivi e i “fuori ruolo”, i posti di consigliere di Cassazione, di sostituto procuratore generale e di addetto al Massimario. A tal proposito le toghe di Articolo 101 sottolineano le decisioni del giudice amministrativo che bocciano le scelte del Csm. Gli ultimi casi sono le nomine dei componenti del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura di Scandicci e dei procuratori aggiunti di Napoli. «La Commissione ha deciso prima il nominativo da proporre, sulla base di inesplicate ragioni, e successivamente ha confezionato la relativa motivazione predisponendo il testo da sottoporre al Plenum», aveva scritto il Tar a proposito degli aggiunti napoletani. Tutto ciò ha come conseguenza di indebolire l’esercizio della giurisdizione.
L’instaurazione di rapporti “credito-debito” cala un “velo opaco” sull’effettiva autonomia e imparzialità del giudice. Ed è rimasto lettera morta l’appello del capo dello Stato Sergio Mattarella contro la “degenerazione correntizia” e “l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”. Il discredito della magistratura, proseguono, “è senza precedenti”, determinando un “appannamento della credibilità” dei giudici. Due le soluzioni proposte per uscire dal gorgo: un diverso sistema di elezione dei componenti togati del Csm e la rotazione degli incarichi. Ovviamente la politica non ha scelto nessuno dei due. La Commissione voluta dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia per la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, presieduta da Massimo Luciani, il decano dei costituzionalisti, ha pensato a modifiche che avranno l’effetto di aumentare ancora di più il potere dei gruppi associativi.
Certamente non il risultato sperato. Le elezioni per il rinnovo del Csm sono previste fra meno di un anno, dieci mesi per la precisione, salvo cambiamenti dell’ultima ora. «Credo che si possa e debba chiedere al ministro, al governo e alla politica di fare in fretta, dicendo con chiarezza che non si può andare al rinnovo del Csm senza aver provveduto a eliminare i fattori di rischio di una ulteriore delegittimazione dell’organo consiliare», aveva puntualizzato il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia nei giorni scorsi. Ma, come detto, non succederà nulla e tutto rimarrà come adesso.