Furto di dati e dossier illegali
Dossieraggio, le cimici piazzate in “posti dimenticati da Dio”, il dogma del professore: “Tutte le ex cariche entrano nei cda e diventano nostri clienti”
Un grande “boh” aleggia sul cielo di Milano, come in un classico thriller del cinema francese. Il titolo? Nessuno sospettava qualcosa, ma molti se ne servivano, anche solo per controllare il cellulare della fidanzata. Tra i clienti più noti: la presidente della prima sezione civile della Corte d’appello di Milano, già capo di gabinetto di Virginia Raggi al Campidoglio (Carla Romana Raineri), la Barilla, l’Erg spa, Essilux, banchieri e imprenditori, che si presume usassero le informazioni trafugate per interessi economici, in alcuni casi anche privati.
D’altra parte lui, Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera di Milano, e nel tempo libero principale socio della società di investigazione Equalize (la cui traduzione vorrebbe dire pareggiare, equiparare) è figura di spicco nel panorama meneghino. Una carriera organizzata ad arte, il tecnico “bipartisan” all’occorrenza amico sia della destra che della sinistra. Come attesta la sua ascesa in Fiera, una nomina decisa nel 2019 (con rinnovo nel 2022) dal presidente leghista della Regione Lombardia, Attilio Fontana, con il via libera del sindaco di Milano di centrosinistra Giuseppe Sala. Un po’ da una parte, un po’ dall’altra. Un equilibrio che in fondo in Italia ha sempre portato bene.
Così, anche il giorno dopo, il governatore Fontana resta cauto: “Enrico Pazzali è una persona che io ho sempre stimato e che continuo a stimare. Di questa faccenda sono stupito, perché io non sapevo assolutamente nulla di queste iniziative”. Lo stesso Comitato esecutivo della Fiera di Milano, riunito ieri mattina, prende tempo: “All’inizio della seduta il presidente ha fatto informativa al consiglio generale, poi il Comitato è stato sospeso ad oggi per ulteriori approfondimenti tecnici”. Di passi indietro del presidente non se ne parla, almeno per ora.
Eppure quello che emerge dalle carte è un panorama devastante (almeno per la Procura, una rete capace di bucare anche le email del Colle e le informazioni riservate sul presidente del Senato e il figlio) che fa impallidire le recenti inchieste su violazioni a banche dati. Nel frattempo la Dda di Milano ieri ha depositato il ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere gli arresti domiciliari per Pazzali, oltre 13 custodie cautelari in carcere per altrettanti indagati, tra cui Carmine Gallo (l’ad di Equalize) e Nunzio Samuele Calamucci (la mente) finiti ai domiciliari su decisione del gip.
Le regole aure degli spioni emergono dalle intercettazioni. Due in particolare spiegano una filosofia diventata un grande affare. “Travestiti da ‘manutentore’” così il “90% delle volte arrivi dove vuoi senza che ti chiedano cose particolari” e si piazzano le cimici “in posti dimenticati da Dio“. Era uno dei meccanismi utilizzati dalla banda degli hacker di via Pattari (sede della società nel cuore di Milano) per installare microspie o software nei dispositivi delle aziende o negli uffici. “Tutte le ex cariche di un certo livello entrano nel Cda di qualcosa e noi spaziando dai carabinieri alla polizia all’Esercito abbiamo un ventaglio di ex cariche che diventano nostri clienti”. Così il “professore” degli spioni, ovvero l’ingegnere Samuele Calamucci (la “mente”, quello che aveva rapporti con i servizi) spiegava il tanto lavoro che li aspettava. Calamucci è anche l’hacker a cui Pazzali chiese un report sulla seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa, presidente del Senato, e sul figlio Geronimo. L’altra figura chiave è quella di Carmine Gallo, 65 anni, il super poliziotto in pensione dal 2018 e rinomato per le sue operazioni contro la criminalità organizzata, e dall’anno successivo compagno di cordata di Pazzali.
Il tema è dirimente: va affrontata per davvero la difficoltà del sistema paese di mantenere la riservatezza di chi ricopre i massimi ruoli istituzionali. Sul fenomeno dei dossieraggi la premier Giorgia Meloni è quella che usa le parole più forti: “Nella migliore delle ipotesi c’è un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione”. In pratica l’allarme che lanciò il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che adesso commenta: “Ora in tanti stanno capendo ed ammettono, i più tacciono e quelli che continuano a sminuire lo fanno evidentemente in autotutela”. Per il Pd parla Mauro Mauri, responsabile sicurezza per il Nazareno: “Venga la presidente Meloni a riferire in Parlamento su questo grave squarcio di illegalità”. Sarà la volta buona? La sicurezza informatica diventerà una priorità?
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