Ormai da 20 anni, qualunque sia il ruolo che incarna (Governatore della Banca d’Italia, Presidente della Banca centrale europea, Presidente del Consiglio italiano o semplicemente – come in questi giorni – consulente della Commissione Europea per la competitività), Mario Draghi propone ai governanti del continente agende su cui riflettere e – soprattutto – operare. Indica cioè degli insiemi di priorità, obiettivi e problemi che i decisori avrebbero il dovere di affrontare in un determinato periodo, si tratti di un’emergenza o di una prospettiva di medio-lungo periodo. Questioni di rilevanza pubblica da portare avanti attraverso politiche, leggi, concrete misure di governo.

Inizialmente, i consigli di Mario Draghi vengono sempre accolti con un generalizzato rispetto: nessuno nega che i problemi che pone esistano, ad alcuni magari piacerebbe mettere in pratica le sue ricette, ma la maggioranza degli interlocutori si limita a sussiegose, sostanzialmente infastidite alzate di spalle. Così i suoi discorsi – solidi, chiari, coraggiosi – sfociano progressivamente nell’indifferenza, e le sue agende vengono di norma archiviate, senza che abbiano una qualche influenza sul corso reale delle cose.

Resta da capire solo perché questo signore, ormai piuttosto avanti negli anni, continua a occupare la scena pubblica e mediatica ogni volta che – raramente – apre bocca. C’è chi sostiene, a 30 e passa anni dal Britannia (e senza sprezzo del ridicolo), che Draghi resta sempre l’emissario dei “poteri forti globali”: di qui la persistenza dell’eco dei suoi messaggi. Più semplicemente, a noi pare che rappresenti – avrebbe detto il filosofo – la nostra coscienza infelice. L’ex Presidente del Consiglio è un testimone del nostro tempo che ci mette periodicamente di fronte a qualcosa che sappiamo di dover fare e non riusciamo a realizzare, che non siamo in grado di affrontare e neppure di rimuovere. Ma, proprio per questo, ben vengano comunque e sempre i numeri indiscutibili, le analisi di scenario, i colpi di frusta e le indicazioni che diffonde ciclicamente, anche quando rivolti a interlocutori sordi o distratti.